mercoledì 28 luglio 2010

Oh mia bella Mudelina...



Squillino le trombe, l'altro giorno tutti i giornali hanno parlato di un incontro con quasi duecento giornalisti a Palazzo Marino, presenti il sindaco, uno dei suoi più influenti assessori, un famoso industriale, e due massimi dirigenti di un gigantesco ente pubblico e di una grande società privata del settore.

Se qualcuno sta pensando alla questione morale, è lontano anni luce. Se altri sospettano che l'agenda fosse centrata sul federalismo e qualcosa di simile, acqua. Quelli che sono pronti a scommettere su altri temi di squisita strategia politica passino a pagare alla cassa.

In realtà, la folla dei media (esclusi, guarda un po', proprio quelli della comunicazione), sgomitava solo per poter certificare che a Milano il sistema della Moda ha ritrovato la sua unità, ha cementato buoni rapporti con la Camera di Commercio, cioè il motore dell'economia del territorio, ed ha trovato nell'amministrazione pubblica locale il suo cantore più qualificato.

Come la foto sopra può testimoniare: Moratti e Trezzi per il Comune, Della Valle e Presidente di Camera della Moda per il sistema industriale ed un alto papavero della Camera di Commercio a rappresentare il resto del sistema produttivo e commerciale. Tutti seduti sorridenti allo stesso tavolo. A conferma del successo, chi ha voluto visionare la rassegna stampa della giornata ha dovuto sollevare un volume stile Treccani

Nel giro di pochi mesi, tre per la precisione, la Camera della Moda, 14 tra le principali manifestazioni fieristiche e tutte le aziende di quell'Industry sono riuscite a ricollocare le sfilate di settembre all'interno di un sistema finalmente coordinato e scandito, rinominato "Milano Fashion City".

Ovviamente è stato concepito un logo dell'architetto Cerri a iconizzarlo. Logicamente un pay off firmerà l'operazione. Altrettanto naturalmente, sono state segnate due date a contenerlo (8-30 settembre 2010).

Tre settimane da raccontare, con la moda che scende nella città, a partire da palazzo dei Giureconsulti, quindi il pieno centro di Milano. 22 giorni i cui buyer e giornalisti avranno l'intera città ai loro piedi, con le sfilate, certo, ma anche centinaia di manifestazioni di tutti i tipi (culturali,gastronomiche, di costume) a corona. Un periodo magico, in cui il suggerimento alla carovana delle sfilate è di muoversi a piedi in una città che offre molto più di centinaia di catwalk: c'è tutto il talento nazionale e la qualità del sistema ricetttivo e commerciale da rilanciare, anche in chiave Expo. Che sembra lontana, ma è proprio dietro l'angolo. Come dire, non solo modelline algide e taxi introvabili. Sotto la Madunina, c'è tutto un mondo.

Perchè improvvisamente tutto questo? il sindaco Moratti e l'assessore Trezzi hanno voluto sventolare le cifre: la moda genera il 21% del PIL della città, l'11% del'export di tutta la nazione. Facile intuire che dopo una crisi finanziaria globale, si vuole evitare di essere tagliati fuori, a livello mondiale, dal ridimensionamento che ogni comparto industriale sta mettendo in atto.

Milano vuol continuare a restare centrale. E per farlo il sindaco mette insieme anche quelli che fino a pochi mesi fa neanche si parlavano. Il rischio da evitare era che dopo trent'anni di Milano da Bere, resti solo Parigi a rappresentare l'eccellenza in questo settore. Per una volta, la capacità di reazione del sistema nazionale, anzi milanese, è degna di un grande paese.

Adesso tocca a tutti consolidare questa visione vincente della città della Moda, la Fashion City che ormai è nata ufficialmente. L'unico vero rimpianto: gli unici non invitati alla festa sono proprio gli operatori della comunicazione commerciale. Io c'ero, non imbucato ma invitato, probabilmente proprio perchè rappresento gli indipendenti di questo mestiere, non le grandi strutture.

Infatti, come in passato è successo per le campagne delle maison, le agenzie di pubblicità non sono considerate parte fondamentale del sistema immateriale che ha reso famosa la città, assieme al design ed all'editoria cartacea e televisiva ieri, digitale oggi.

E questo, scusate la franchezza, non depone molto a favore della credibilità e solidità della nostra industria. O no?

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