mercoledì 1 agosto 2012

Olimpiadi, un'altra occasione persa per l'Italia

Sulla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Londra è già stato scritto molto, quasi tutto. Al di là di qualche voce fuori dal coro i commenti raccolti dai media sono pressoché unanimi: si è trattato di un evento straordinario per coinvolgimento, intelligenza e capacità di sapere trasformare in spettacolo la storia di una grande nazione, senza rinunciare alla proverbiale autoironia anglosassone.
Complimenti, quindi, a Danny Boyle e ai suoi dieci mila volontari che per tre ore e mezza sono riusciti ad incantare il mondo. Si parla già di un bilancio, in termini di audience, di circa tre miliardi di individui. Soldi spesi bene, dunque, i 42 milioni di dollari serviti per allestire lo spettacolo, un costo contatto bassissimo per uno evento che è stato, fondamentalmente, la più grande campagna di comunicazione e di promozione per una nazione.
Le ricadute positive per la Gran Bretagna, anche dal punto di vista economico, sono immaginabili, e di lunga durata. Delle 'Isole delle Meraviglie' - questo il tema scelto per la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi dal regista di Trainspotting e di The Millionaire, che nel 2008 riceve ben otto premi Oscar tra i quali quello per il migliore film e la migliore regia - se ne continuerà a parlare almeno fino alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro. 
Vedere immagini così belle, assistere a uno spettacolo tanto coinvolgente non può che suscitare un sentimento di ammirazione e, diciamolo, di amarezza presso noi Italiani. Aver rinunciato, sia pure in un momento di profondissima crisi, a candidarsi per l'organizzazione dei Giochi del 2020 ci fa avvertire in maniera forte la sensazione di avere perduto una grandissima occasione per il rilancio del nostro bistrattato paese. La rinuncia da parte dell'attuale Governo a un evento così importante deve fare riflettere sulla capacità che l'italia ha nel sapersi rilanciare con coraggio sulla scena internazionale, sulla volontà di progettare un futuro che, ancora, appare molto incerto.
Quale futuro può avere un paese che non riesce a pensare al proprio domani?

Ancora una volta il mondo della comunicazione potrebbe dare un contributo importante in questo senso, se soltanto riuscisse a proporsi in modo autorevole presso le istituzioni politiche.
Purtroppo, anche in questo senso, il cammino sembra essere ancora molto lungo e tormentato.
Ma non disperiamo.
Buone vacanze a tutti!

Salvatore Sagone
Direttore responsabile

martedì 17 luglio 2012

Editoriale. C'è Posta per te

L'argomento tiene banco da giorni, da quando ADVexpress ha anticipato l'esito della gara che ha visto l'assegnazione dei due lotti a Young & Rubicam Group (Banco Poste) e a McCann (Mercato Privati, Corriere Espresso, ecc.) e, soprattutto, da quando è emersa la remunerazione con cui McCann l'ha spuntata sulle agenzie rivali. Grande scalpore ha infatti suscitato la percentuale di remunerazione richiesta dall'agenzia del Gruppo Interpublic guidata da Michele Sternai. Appena 1,9% su un massimo 'consentito' del 4,5% (per l'altro lotto Y&R Group ha vinto con una richiesta del 4%). Tradotto in soldoni, come ha fatto osservare Marco Fanfani, country manager di TBWA/Italia, agenzia particolarmente scottata da una sconfitta subita sul piano della remunerazione e non su quello della proposta tecnica, stiamo parlando di appena 60 mila Euro (se avesse vinto Saatchi & Saatchi si sarebbe parlato di 45 mila Euro). Con 60 mila Euro si deve garantire un team di lavoro che, secondo il bando di gara, dovrebbe essere costituito da 3 persone dedicate a tempo pieno. Con questa cifra, lo capirebbe anche un bambino, un'agenzia non soltanto non avrebbe alcuna marginalità, non soltanto non potrebbe impiegare le migliori risorse qualitative, ma si troverebbe costretta a fare quadrare i conti in altro modo. Il peso di una scelta così 'aggressiva' non può, infatti, non ricadere che sugli altri clienti 'virtuosi' che, al contrario, pagano correttamente l'agenzia. Oppure sui fornitori che si troverebbero in qualche modo 'vessati' da compensi inadeguati.
Insomma, ancora un altro passo viene fatto verso un ulteriore impoverimento del sistema che, già provato da una crisi senza epoca, rischia definitivamente di implodere. Si fa festa per pochi Euro mentre la nave affonda!
Sia chiaro, nessuno tra le agenzie è senza peccato. Chi oggi siede sul banco degli imputati ieri stigmatizzava comportamenti non corretti, e viceversa. Non mi interessa dare colpe o gettare la croce su questo o su quello. Certamente, esempi di strutture virtuose ce ne sono ma, più che esempi, rimangono esemplari che dovrebbero godere della protezione dell'Unesco o del WWF come razze in via di estinzione. Se siamo arrivati a questo punto è perché tutto il sistema, chi più chi meno, si è mosso nella stessa direzione. Quello che mi interessa sottolineare è la conseguenza e l'irreversibilità che un comportamento del genere può determinare presso i clienti, a loro volta 'pressati' dalla necessità di ridurre i costi per una crisi che definirla epocale sarebbe quasi riduttivo. Una direzione che, ancora una volta, suggerirebbe alle aziende di ridurre ulteriormente i compensi ai propri fornitori (perché è così che gli uffici acquisti li considerano) di servizi di comunicazione. La conseguenza di questa involuzione, dell'impoverimento del sistema agenzie, ricadrà inevitabilmente sui giovani, su coloro che si affacciano a questa professione con scarsissime prospettive di crescita e, perché no, di guadagno. E' cosa ormai nota che le retribuzioni di giovani account, creativi, o planner sono ormai equiparabili a stipendi da operai generici più che specializzati. Inoltre, mi chiedo, quale capacità di attrarre i migliori talenti può avere un mercato che va inesorabilmente a impoverirsi? Perché un giovane in gamba, appena laureato e magari in possesso di un master in business administration, dovrebbe essere attratto dal mondo della comunicazione, con quali speranze, con quali obiettivi?
Allora, vogliamo davvero che questo mondo vada a morire, vale la pena vivere alla giornata accontentandosi di briciole che possono aiutare a sopravvivere invece che avere un pensiero, un progetto a lungo termine? Insomma, invece di ricavare il latte da una mucca già gracile di suo la si sta uccidendo per mangiarne le ultime, poco carnose, bistecche.
Riusciranno clienti e agenzie a trovare insieme una soluzione a questa situazione?

Rimaniamo in attesa di risposte.

Salvatore Sagone
Direttore Responsabile
News e Contenuti ADC Group

domenica 24 giugno 2012

Editoriale. Cannes 2012, Italia al bacio. Ma è tutto oro quello che luccica?

Il nostro paese non smette mai di sorprendere. Quando lo si dà per spacciato eccolo risorgere in maniera del tutto inaspettata. Nessuno avrebbe scommesso sul risultato di questa cinquantanovesima edizione del Festival Internazionale della creatività. I numeri parlano chiaro: 17 leoni, ai quali si aggiungono il Grand Prix nella sezione Press e i tre splendidi leoni nelle competizioni Young, grazie ai ragazzi di M&C Saatchi, Hagakure, e AdmCom. Un vero record. Due anni fa i leoni furono 14, di cui 10 vinti da una sola campagna, il mitico Auditorium Heineken (l'anno scorso si contarono 'solo' 4 leoni).

A brillare, quest'anno, è stato soprattutto il network Publicis con le sue stelle: la Saatchi & Saatchi, con ben 8 leoni conquistati dalla campagna Coordown; Leo Burnett con 7 leoni conquistati con Montblanc; e Publicis con 1 leone d'argento per Heineken. Il resto è appannaggio di JWT con un bronzo per Una Onlus, e di Fabrica che ha messo a segno il successo più importante, sia pure in collaborazione con la 72 and Sunny di Amsterdam, portando a casa il Grand Prix nella sezione Press, ripetendo i fasti dell'antico passato quando a vincere la prima edizione del Grand Prix in questa sezione fu la McCann con la memorabile campagna per Levi's. Correva l'anno 1992.

Anche in termini di Shortlist il bilancio è decisamente positivo con 41 lavori selezionati sui 494 complessivamente iscritti (+51% rispetto al 2011). Tutto bene dunque? Da un punto di vista quantitativo certamente si. Diciassette leoni e un GP fanno bene al morale e ci fanno risalire velocemente nella graduatoria creativa mondiale. Questo è importante per la reputazione del nostro paese, per la credibilità del sistema Italia nell'ambito di uno scenario competitivo sempre più orientato da logiche di centralizzazioni che tendono a escludere chi non riesce ad esprimere una propria, forte, identità. A proposito di sistema, il successo è stato raggiunto anche grazie all'ottimo lavoro fatto a monte dai creativi italiani. Con l'iniziativa Goodfellas, promossa dall'ADCI, i giurati nostrani sono arrivati sulla Croisette preparati e motivati per affrontare il proprio lavoro con spirito combattivo e voglia di farsi valere. Sarà un caso, ma in nessuna delle Sezioni in cui erano presenti in giuria membri italiani siamo rimasti a secco. Un plauso, dunque, a Isabella Bernardi (Film), Davide Boscacci (Direct), Filomena Rosato (RP), Isabelle Watt Clavarino (Media), e Raffaella Bertini (Promo&Activation). Ma non è tutto oro, è il caso di dirlo, quello che luccica. Onore a Benetton, Montblanc e Heineken. Ma sul palco della Croisette vorremmo vedere salire, accanto alle onlus e alle associazioni no profit, anche i big spender della comunicazione.
Purtroppo, i clienti che in Italia spendono soldi veri nelle diverse forme di comunicazione sono oggi ancora poco presenti nel Palmares a differenza di un'epoca ormai lontana. Parliamo dei grandi gruppi alimentari, del beverage, delle auto, della telefonia, dei servizi, ecc.. Se consideriamo questo aspetto, il bilancio è meno entusiasmante e ci riporta, coi piedi per terra, alla verità: le aziende, i brand più noti, non puntano con decisone sulla creatività per comunicare con maggiore efficacia con i consumatori. Questo splendido risultato dimostra che le capacità, i talenti ci sono. Basta metterli a frutto.

Salvatore Sagone
Direttore responsabile

martedì 3 aprile 2012

Lobby dei tassisti VS Lobby della comunicazione. Facchetti (Assorel): puntiamo su Confindustria Intellect


Il presidente dell’associazione delle Relazioni Pubbliche interviene nel dibattito aperto dall’editoriale del direttore di ADVexpress, Salvatore Sagone, e pubblicato su questo blog. La neo costituita associazione confindustriale presieduta da Diego Masi, potrebbe interfacciarsi con Paolo Peluffo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Comunicazione.


L’editoriale di Salvatore Sagone (ADVexpress di lunedi 2 aprile) solleva un problema reale: la paradossale mancanza di efficace comunicazione tra la comunicazione stessa e l’autorità politica, Governo e Parlamento.

Above the line e below the line: non contano le differenze, sta di fatto che la lobby dei tassisti è più forte di una industry che punta su 20 miliardi di pil e tiene in piedi editoria, tv, internet. E quindi anche libertà di opinione, di stampa, di relazione sulla rete.
Colpa del Governo, anche del “povero” Monti che deve perdere tempo sulle simbologie dell’articolo 18?
Certamente. Ma è anche colpa nostra, ammettiamolo.
I tassisti sanno benissimo come difendersi, perché hanno ben chiaro “cosa” difendere: la forza della loro corporazione, che – nelle grandi città – può mettere sotto scacco la mobilità e avere la solidarietà persino degli utenti dei taxi, che si lamentano per tariffe e difficoltà nel reperimento delle auto bianche, ma poi non reggono più di 24 ore senza taxi e applaudono quando tornano in circolazione, non importa a che prezzo.

Noi della comunicazione siamo divisi e anche un po’ confusi.
A Palazzo Chigi, con il nuovo Governo, un interlocutore ci sarebbe. E’ Paolo Peluffo, che i problemi della comunicazione li conosce bene (l’attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha la delega all'Informazione e alla Comunicazione, ed è stato capo del dipartimento per l'informazione e l'editoria della presidenza del Consiglio dal luglio 2006 al maggio 2008, ndr).
Ma, se domani mattina ci convocasse, cosa gli chiederemmo?
Sagone ricorda la seria proposta UPA su RAI Tv, ma è ben chiaro che se cominciassimo da lì il nostro dialogo con il Palazzo, ci mostrerebbero subito l’ascensore (per far prima, lo scalone). La RAI è competenza esclusiva della politica, non degli addetti ai lavori…
Certo, un denominatore comune – tra noi – c’è, e dovremmo farlo valere. Siamo aziende che lavorano sul razionale, sull’immateriale e sul futuro, quindi con i giovani e per i giovani; certi approcci della nuova regolamentazione del mercato del lavoro, ad esempio, sembrano molto estranei alla peculiare caratteristica del nostro mestiere.
Un po’ alla rinfusa, altri argomenti non mancherebbero: la regolamentazione del mercato, le limitazioni all’investimento della Pubblica amministrazione, la questione delle gare, le nuove regole del web, il problema dell’informazione sulla rete il grande tema della concorrenza, perché l’antitrust vieta i listini, ma poi il dumping è lo sport preferito di molti. E ancora: l’agenda digitale, questione che affanna e agita tutto il mondo della comunicazione, dalla filiera della produzione a quella dei contenuti. E, per le RP, la lobby e il suo riconoscimento.
Dunque, la provocazione di Sagone è sacrosanta. Prima che il Governo si decida a comprenderne il rilievo, dovremmo essere però noi della comunicazione a fare la prima mossa.
E lo strumento oggi c’è: la neonata “Confindustria intellect” (presidente Diego Maria Masi, ndr), che finalmente rappresenta tutto questo mondo in modo organico e coordinato (vi fanno parte Assoconsult, Fedoweb, AssoComunicazione, Unicom, Assorel, e Assirm, ndr.) ha nel suo decalogo operativo proprio tutte queste issues.
E’ stato un parto un po’ lungo, ma ora la nuova creatura c’è. Non è un bambino, ma un organismo che contiene davvero tutte le competenze. Coordinandosi con UPA può fare grandi cose.

Beppe Facchetti
Presidente di Assorel

lunedì 2 aprile 2012

Caso Rana, c'è chi dice no!


La notizia della rinuncia da parte di Euro Rscg al budget Rana ha lasciato la community di stucco e ripropone il tema della remunerazione.

La notizia è arrivata in redazione come una bomba. “Abbiamo deciso di interrompere la nostra consulenza con il cliente Rana” dichiarava nel laconico comunicato Dario Mezzano (nella foto), CEO di Euro RSCG Milano, che chiudeva: “Dal nostro punto di vista non ci sono più le condizioni minime e necessarie per lavorare con reciproca soddisfazione”.
Non c’è stato verso di strappare qualche delucidazione ulteriore sull’argomento. Né il Ceo di Euro Rscg né la direzione marketing del pastificio Rana hanno rilasciato alcuna dichiarazione.
Per quale motivo, in questo periodo, un’agenzia dovrebbe mollare di propria iniziativa un cliente così prestigioso, che ha sempre creduto nella comunicazione e ha saputo farla in maniera molto efficace?
Da osservatori di quanto accade nella industry della comunicazione, e ascoltando qualche rumors che nel frattempo ha cominciato a circolare sulla vicenda, la risposta pare sia da ricercare sempre lì, alla voce remunerazione. Quanto la proposta per continuare nella collaborazione sia stata indecente non è dato saperlo. Quello che è importante sottolineare è che nel quadro di un rinnovato impegno teso a rafforzare il rapporto di partnership tra gli utenti e le agenzie - tra Upa e AssoComunicazione così come è stato annunciato la settimana scorsa (vedi notizia correlata) - questa notizia costituisce una doccia fredda. Come dire, alle dichiarazioni di principio, purtroppo, non sempre nella realtà del business corrisponde un comportamento adeguato.
Allora, volete sapere come presumibilmente andrà a finire? Che presto verrà indetta una nuova gara alla quale parteciperà almeno una mezza dozzina di agenzie e chi vincerà lavorerà, se va bene, al prezzo di costo. Con buona pace dei propositi migliori. Attendiamo di vedere come si evolverà la vicenda.
Stay tuned!

Salvatore Sagone