sabato 19 novembre 2011

E Giuliano Piasapia tutto lo IAP si portò via.


Interrompiamo le trasmissioni per raccontarvi che, dopo una tragedia, un padre scrive su un giornale che una campagna di affissione ferisce la sua sensibilità (link). Dopo mezz’ora, il neo sindaco di Milano alza il telefono e chiede ad una casa automobilistica di rilevanza mondiale di rimuovere quell’affissione (link). Dopo un'altra mezz’ora i vertici della multinazionale fanno sapere che toglieranno il cartello.

Ora, dopo questa vicenda, chiudete d’ufficio lo IAP (www.iap.it). Lo dico dolce dolce, senza la mia tradizionale veemenza. L’invito è semplice: il problema non solo è che una telefonata di un bravo sindaco offra maggiore moral suasion dell’esistenza stessa dell’Istituto di Autodisciplina.

Lo dico perché il problema vero è che, in questo paese, un copywriter può pensare di scrivere su un enorme manifesto “La vera regola è che non ci sono regole”, sapendo bene che, se il suo cliente è una grande casa automobilistica, forse solo un sindaco fuori dagli schemi lo fermerà. Ma di sicuro non lo IAP, che dovrebbe farlo di mestiere.

Come dice Massimo Gnocchi, nella discusisone nata in seno all’ADCI, “è sempre più difficile controllare le conseguenze che i nostri messaggi creano interagendo con il contesto.” Massimo non cercava scuse, dichiarava la nostra responsabilità collettiva.

Soprattutto, aggiungo io, se l’organismo consorziale di autodisciplina si occupa solo di cose marginali, e non entra mai in scivolata dura sui temi importanti. Quelli legati ai grandissimi investitori. Quelli dove i valori più alti dettano la linea, non i codicilli delle regolette del burocratico organismo di autoregolamentazione, che in realtà ormai regolamenta poco. Forte con i deboli, le aziende piccole e naif, debole con i forti, le grandi multinazionali ed affini. Quelli con cui si gioca la partita vera dei grandi investimenti, insomma.

Ripeto, per maggiore chiarezza. Non conosco oggi un copy o un direttore creativo che, nella valutazione della creatività, si ponga il problema: “Cosa dirà lo IAP?”. Certo, si evita di rappresentare le auto a 250 all’ora nel traffico o con autisti che bevono birra mentre guidano. Ma non mi pare che un titolo come quello di Hiunday abbia creato benchè minima preoccupazione E personalmente è più disvaloriale scrivere su un muro che le regole non esistono più, che, esagero, far vedere uno stuntman che sappia guidare bene il suo strumento di lavoro (e continuo a pensare che sia ottima cosa non mostrare bulli al volante).

Ripeto, la mia provocazione non è puritana, ma professionale. Parte dal presupposto che nessun creativo si fa prendere da brividi e tremori pensando allo IAP. E questo è la stessa dimostrazione che l’Istituto ha fallito, almeno in questi ultimi dieci anni, la sua vera prima funzione: quella di operare come dissuasore della possibile Politically Uncorrectness dei creativi e dei loro clienti. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: chiunque (perfino un cliente) pensa di poter fare il creativo: in fondo basta scrivere volgarità sui muri, mostrare un papa che bacia sensualmente un Imam, o più semplicemente esibire davanti ad un asilo la foto del posteriore nudo di una graziosa modella. Nella peggiore delle ipotesi, dopo una segnalazione e la riunione dell'apposito comitato dello IAP si fanno sparire i manifesti. Sempre ammesso che non abbiano già finito il loro ciclo. Ma il danno, sociale e professionale, è fatto. E chi doveva controllare ed inibire, ha fallito pubblicamente.

Ed è il caso di ricordare che è sopratutto quest’assenza di efficacia, anche preventiva, dello strumento di controllo che ha portato alla semplice volgarizzazione di questo mestiere. Chi ne paga le conseguenze sono i professionisti seri, quelli che hanno valori e codici di comportamento, ma che vengono superati a destra dai dilettanti, dai fotografi che dichiarano di essere i salvatori del mondo, dai clienti che a questo punto chiedono a gran voce “tetteculietestimonial”, visto che la tv ne è piena e che alla fine “la vera regola è che non ci sono regole”. Vista l’attuale situazione, hanno ragione loro. Alziamo la bandiera bianca della creatività, dell’intelligenza, della funzione sociale della comunciazione commerciale. Hanno vinto i dilettanti. Solo un padre ferito ed un sindaco arancione ci salveranno.

Peraltro, non ho timori nel chiedere l’eliminazione dello IAP e la sostituzione con qualcosa di meglio normato, meno ricattabile e culturalmente all'altezza: la storia è antica. Lo IAP è lo stesso istituto che bloccò "Chi mi ama mi segua" di Emanuele Pirella, negli anni ’70: un caposaldo della cultura creativa di questo paese. Quindi è evidente che io non ne sentirò la mancanza.

Ma sono curioso di conoscere altre opinioni, sul tema.

Pasquale Diaferia

P.S. dopo il primo commento:
dal popolo di twitter (grazie @paroledavendere) mi arriva la segnalazione di uno spot NGM(lo vedete qui). Questo caso é un po' diverso, perchè se il titolo di Hiunday è socialmente disvaloriale, questo è solo brutto, anche se censurabile. Ma è un'ulteriore dimostrazione della lentezza e dell'inefficienza di IAP. Lo spot è in onda da qualche settimana, ed immagino che nessuna segnalazione sia arrivata all'Istituto e la pratica non si sia ancora messa in moto: insomma, se e quando qualcuno si indignerà, l'azienda (sponsor in tv anche delle partite della nazionale di Prandelli) avrà sicuramente terminato la sua programmazione. Ribadirei il concetto: chiudiamo lo IAP. E che la cosa si faccia in fretta.

4 commenti:

il Gaieni ha detto...

Vedi attuale campagna Benetton.

PS: la verifica parola per questo mio commento è "Scrota". Quantomeno divertente.

Paolo Donati ha detto...

Ciao. Lo slogan non è mio ma in alcune declinazioni "è diventato mio" nel senso che l'ho riprotato… A questo proposito due riflessioni:
1) ho sorpreso me stesso con l'incapacità di accorgermi dei significati potenzialmente negativi. Si vede che nel mestiere si insinua una certa "anestetizzazione". Coglievo solo il senso desiderato che si riferiva alla rottura delle regole (2 porte o 4 porte, la vettura protagonista ne ha tre).

2) Questo episodio è solo un esempio dell'affermazione di un individualismo narcisista e anche aggressivo di cui la comunicazione è strapiena con affermazioni decisamente più sgradevoli anche se forse più subdole. Solo per restare nell'automotive pensate a quanti affermano lo stesso concetto…

Per concludere, condivido il pensiero espresso da un lettore di Repubblica nei giorni scorsi… Comprensibile il genitore distrutto da quanto successo… Però l'attacco a Hyundai suona un pò come un superficiale ricorso al capro espiatorio…

Gianni ha detto...

C'è da notare una cosa: gli spazi pubblicitari esterni sono del Comune, il quale ha un rapporto diretto con la concessionaria o con l'inserzionista. Quindi se il consumatore, direttamente o indirettamente, si rivolge al sindaco e questo si rivolge all'azienda, è tutto perfettamente lineare e non c'è bisogno di coinvolgere necessariamente lo IAP.

Anonimo ha detto...

Voi che ve ne intendete di pubblicità che ne dite di questa campagna di spot teaser? http://www.youtube.com/watch?v=LncOcrbbkWw