giovedì 12 novembre 2009

La Comunicazione che vorrei.1



Inizia una collaborazione con LatoB Davide Boscacci, Direttore Creativo Associato di RMG Connect, che proprio in questi giorni è stato nominato giurato italiano al New York Festival. Davide, per citare le note biografiche scritte di suo pugno, "inizia nell’advertising, poi passa al direct e al crm, quindi si innamora dei new media e scopre che il vero divertimento è mischiare tutto insieme. Lo fa e gli dicono che si chiama comunicazione integrata. Ha lavorato per agenzie piccole, medie e grandi su clienti piccoli, medi e grandi. Ha vinto premi qua e là, è stato più volte giurato. È socio ADCI. Ma soprattutto è membro storico e consigliere dei Wineriders".

L'idea di collaborazione di Davide è una specie di appuntamento a cadenza irregolare in cui proporrà case history che riterrà particolarmente interessanti, con il titolo "la comunicazione che vorrei". Ecco il suo primo contributo. Benvenuto a bordo, Davide.



Sembra ieri che il problema più grosso era la dimensione del marchio su un annuncio, o la durata di un cartello in un 30’’. Poi sono arrivati il digital e tutti quei neologismi e quegli aggettivi curiosi che oggi accompagnano il termine comunicazione. Dai un nome all’ignoto e ti farà meno paura.
E così, eri tutto fiero di aver afferrato le basi della comunicazione integrata e olistica, avevi finalmente capito il senso del marketing virale, ti stavi avvicinando ai social media ed ecco che a rovinare la festa arriva una qualche pazzesca case history da qualche angolo del mondo che non rientre in nessuna delle categorie sopracitate. Un’idea che ha l’effetto di farti produrre molta bava ma anche di azzerare le tue funzioni muscolari facendoti scivolare in un baratro di inadeguatezza e depressione.
Allora per preservare quel minimo di orgoglio che ancora ti rimane, dai la colpa al mercato che è troppo immaturo, al tuo art che è sempre sbronzo, all’account che non è nemmeno figa. No, non si può lavorare così.

Intanto il guru di turno ti spiega che quella era un’operazione cross mediale di social branded behavioural neomarketing. E tutti giù a cercare di replicare modelli di social branded behavioural neomarketing.
Tempi difficili.
Ora, siccome sono stanco di deprimermi, mi permetto di ribaltare tutto. E se non fosse così? Se fosse tutto non dico più semplice, ma meno complicato? E se la chiave della rivoluzione a cui stiamo assistendo fosse semplicemente un ritorno al passato, quando la comunicazione si chiamava solo comunicazione e per vendere un prodotto bisognava farsi venire una bella idea?
E se il mercato ci richiedesse solo di tornare appunto alla forza della creatività, finalmente non costretta dentro definizioni, formati e canali preimpostati? Se ci stessero dicendo che siamo liberi di osare, inventare, sperimentare, innovare?
Non sarebbero tempi esaltanti?


Caso n°1. Il divertimento può cambiare il mondo
The Fun Theory (www.thefuntheory.com) è un’operazione a mio avviso geniale, ideata da DDB Stoccolma per Volkswagen. Per affermare Volkswagen come brand eco-friendly.
Partendo da un concetto molto, molto forte, evitando i percorsi più battuti, l’agenzia ha messo in piedi un semplicissimo sito ma soprattutto una forma di marketing virale decisamente insolito: un esperimento sociale che ha qualche punto di contatto anche con l’arte, almeno nelle sue forme più moderne.
Può il divertimento cambiare in meglio i comportamenti della gente facendo far loro scelte più consapevoli dal punto di vista ambientale? Possiamo ad esempio spingere le persone a prendere le scale invece della scala mobile, a riciclare più vetro, a buttare la carta nei cestini e non per terra?
La risposta la trovate nei video ma è ovviamente sì. E il risultato è una forma di comunicazione che ha coinvolto migliaia di persone sul territorio e milioni sul web. Tutto con un investimento che non pare certo impossibile. Strategia, insight, pensiero laterale, emozione, partecipazione: c’è tutto in questa campagna.
E una tesi dimostrata: le persone sono ricettive, ascoltano, interagiscono, giocano, ridono, cambiano. Basta saper parlare loro nel modo giusto. Una bella lezione, non solo di marketing.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Come dici tu, ci vuole un ritorno alle origini.
Sono le belle idee quelle che fanno presa sulla gente, le belle idee che rimangono nella testa per molti anni. Le belle idee sono sempre le più semplici ma anche le più difficili da avere. C'è bisogno di ridere e di divertirsi, le persone hanno bisogno di questo soprattutto in questi anni e le marche dovrebbero cogliere per prime queste necessità e comunicare con il loro pubblico attraverso un linguaggio e una forma che li faccia sentire bene. Peccato però che l'Italia abbia smesso di divertirsi subito dopo "la Milano da bere", anzi ora che ci penso quando ha smesso di esistere il Carosello.
Siamo un paese triste e con poca voglia di risollevarsi, guardiamo cosa fanno gli altri e li invidiamo ma non abbiamo la forza di reagire.
Gli italiani, le aziende italiane e i pubblicitari italiani si sono rassegnati.

davide b ha detto...

beh, io non ancora del tutto. e neanche tu mi sa :)

zep ha detto...

Intanto è uscita una ricerca in USA che dice che gli americani non hanno mai visto tanta TV come adesso. Hmm.

davide b ha detto...

ed è di poche settimane fa il dato che in uk gli investimenti sul web hanno superato quelli della tv. personalmente ritengo che non sia una gara fra media. può essere che il web (non il digital) prima o poi abbia un ridimensionamento. ma in ogni caso, quello che conterà, aldilà del mezzo utilizzato, rimarranno le idee. non credi?