martedì 29 giugno 2010
O ti fai spremere. O spremi limoni (con allegato bilancio del Festival).
“If life gives you lemon, make lemonade” è un bel documentario patrocinato dall’Art Director's Club di New York. Parla di come molti creativi si sono reinventati una professione o semplicemente un modo di stare al mondo, dopo che la crisi degli ultimi 24 messi li ha messi fuori dal circuito delle agenzie di pubblicità. Trovate qui il trailer e tutte le informazioni.
È un opera semplice, sentita, un film che legge il fenomeno della perdita del lavoro con le lenti della creatività: la capacità di non mollare anche in tempi di tramontana sferzante, lo stesso orgoglio di “La fortuna non esiste”, il bellissimo saggio di Mario Calabresi.
Di quel film ne ho ordinato subito una copia. Non solo perchè sono socio da lunga pezza del club di New York. Molto semplicemente, perchè una parte degli incassi va a sostenere proprio chi è stato espluso dal sistema e non ha ancora trovato una soluzione al puzzle “Come pagare le bollette”.
Fatta la premessa per avere una base comune, adesso ognuno può immaginare cosa hanno pensato tutti i pubblicitari del mondo quando si sono trovati, all’ingresso del Palais di Cannes, il poster di dimensioni gulliveriane che vedete nella foto in alto, ed un titolo che senza mezzi termini diceva: “Se la vita ti dà limoni, tu fai caipirinha”.
La solita spiritosa trovata dei brasiliani nell’anno della World Cup of Soccer? Una parodia intelligente ed inaspettata di quei giocherelloni dei creativi verdeoro? L'originale premozione di qualche superalcolico al limone che vuole sponsorizzare il festival della pubblicità e le sue feste?.
Tutto questo ed ancor di più.
Infatti l’appuntamento era ad una storica spiaggia della Croisette, le Goleand, colonizzata per la settimana del festival dall’associazione dei produttori di spot brasiliani. Un’affollatissima area di videoproiezione per godersi ogni partita dal Mondiale Sudafricano come allo stadio. Un open bar che, allo stesso ritmo di un altoforno, produceva caipirinha senza sosta. Una torma di ragazze tatuatissime, che evidentemente non si occupavano di creatività ma rendevano felici i creativi con la loro semplice presenza.
Insomma, un’isola serena nel delirio del festival. Ma da cui proveniva un messaggio positivo per tutti gli addetti di un'Industry in difficoltà. Il concetto era: c’è tanto da fare anche in periodo di crisi. E se abbiamo dovuto ridimensionare i sogni, se dobbiamo pensare alla limonata, visto che abbiamo solo limoni in frigo, almeno proviamo ad aggiungerci un po’ d’alcool, per rendere il tutto più creativo.
E' da qui che vorrei partire per tracciare un piccolo bilancio su questa edizione della kermesse mondiale della pubblicità. Che apre un decennio nuovo, in cui si svilupperanno tante innovazioni di sistema. Basta pensare agli apps che ormai diventeranno la regola per la fruizione dei contenuti di intrattenimento ed informazione ed influenzeranno prepotentemente il nostro lavoro.
Meno carta e meno broadcasting significa soprattutto meno pagine pubblicitarie e meno spot. I valori di marca dovranno andarsi a ritagliare spazi come contenuti scelti da consumatori sempre più connessi. Non più imposti dalle concessionarie e dai palinsesti. Come riassumeva Bob Jeffrey al seminario della JWT, il tempo è la nuova moneta, sopratutto per i consumatori con cui dobbiamo dialogare. Quindi dovremo creare contenuti, storie, idee che la gente vorrà scegliere e sulle quali vorrà investire il proprio tempo. Quello che è stata da sempre la regola del web, oggi diventa il primo credo di tutta la comunicazione commerciale. Con le conseguenza del caso.
Ma non è stato solo il festival dell’Innovazione, quello dei Location Based Services, del 3DADV, degli Apps, e della debordante presenza di venditori globali di pubblicità (Yahoo, Google, Microsoft Advertising, la stessa Apple, che veniva citata ogni minuto non più per il suo hardware, ma per potenza di contenuti di intrattenimento e capacità di commercializzarli).
E' stato soprattutto il Festival della Restaurazione.
Il belga Marc Tuttsel, presidente di una giuria molto pratica e trasparente, l’ha detto senza giri di parole nella conferenza stampa di chiusura: “Abbiamo voluto premiare con Oro e Grand Prix solo pochi lavori di poche importanti agenzie di network: fatti per grandi marche, le Brand Icons, quelle che fanno i mercati.” L’anno scorso aveva vinto il Grand Prix nella stampa la scomoda e poco canonica campagna di Wranger (ormai un piccolo produttore di jeans se comparato a Diesel e Levi’s), realizzata dall’indipendente Fred & Farid di Parigi. Quest’anno nessun outsider è riuscito a sfondare le barriere protettive che i grandi network avevano eretto in tutte le giurie, almeno fino all’oro.
Il Festival dell’Ossimoro, insomma. Quello dove convivono Innovazione e Restaurazione.
Ma anche, ripeto, quello della Speranza della Spiaggia Brasiliana. Quella di un paese che cresce come la Cina, che dà spazio ad una prospettiva ottimista: i prossimi dieci anni non saranno così terribili come quelli che ci siamo lasciati alle spalle.
Non sappiamo se ci sarà un altro 11 settembre, altre guerra per esportare la democrazia, altre crisi di finanzieri creativi e governi spendaccioni. Lasciamo le previsioni a quei pazzi degli economisti, gli unici capaci di pensare che le crescite possano essere senza fine.
Quello di cui siamo certi e che la differenza la farà proprio chi sarà capace di prendere i soliti limoni e li trasformerà in qualcos'altro. Magari una prevedibile spremuta. Oppure un'ubriacante invenzione come la caipirinha. Fatta con i soliti limoni, la solita cachassa, il solito ghiaccio prodotto dai soliti frigoriferi. E qualcosa in più.
La differenza tra i creativi e i finanzieri è semplice: chi non sa inventare spreme gli umani come limoni senza riuscire ad ottenere niente di nuovo. Invece chi sa creare spreme, perfino da quegli insulsi ed amarissimi limoni, molto più di quello che c'era in origine.
E come diceva De Andrè, "tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?"
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1 commento:
Gli amministrativi e finanziari spremono, i creativi inventano. Il valore aggiunto viene dai creativi che però si lasciano sempre scippare il potere.
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