lunedì 28 giugno 2010
In diretta da ToscanaLab.
Un grande raduno di grandi menti che parlano di web, social media e comunicazione digitale. Con una convinzione, di non avere nessuna “verità assoluta” in mano, ma di essere i protagonisti di un mondo in evoluzione. Questo, in sintesi, è ToscanaLab 2010.
Come Paolo Iabichino ha affermato, “siamo in fieri”, abbiamo la fortuna (e dovrebbe essere considerata da tutti una fortuna) di poterci contaminare ed evolvere. Chiunque continua ad imporre il proprio sé senza modificarsi in funzione dello scenario che incontra, è destinato a soccombere. Il brand Dove, ad esempio, è riuscito a cambiare il paradigma della donna con la DOVE EVOLUTION. In modo estremamente semplice questo spot ha dimostrato quanto sia profondamente distorta la percezione che abbiamo della bellezza. Questo significa una cosa. E’ ora di cominciare ad ascoltare veramente e a pensare che forse anche noi, grandi aziende e grandi professionisti, possiamo avere qualcosa da imparare dagli users. Iabichino, poi, si pone una domanda molto interessante: ma ha davvero ancora senso scegliere un target per le nostre comunicazioni in una società così fluida come quella attuale? Ha ancora senso che su twitter io cerchi di avere come followers esclusivamente copywrighter italiani per incrementare i lettori di questo blog? Assolutamente no (anche perché i copywrighter italiani sono parecchio latitanti su twitter…come mai?).
Ma il main theme di ToscanaLab è sicuramente il Digital Divide, che non deve più essere inteso in senso solo infrastrutturale, ma soprattutto in senso culturale, ovvero come consapevolezza della miriade di opportunità che il web e i social media possono offrire. Questo Cultural Divide emerge ogni giorno, quando sento persone che si domandano a cosa mai può servire twitter, oppure perché mai un’azienda (ma anche una persona) dovrebbe essere su foursquare. La risposta è: per il semplice fatto che sono un’opportunità in più, non solo per il nostro lavoro, ma anche per noi come persone. Perché bisogna cominciare a pensare la rete come una nostra estensione, non più solo come strumento. Non a caso Paolo Agrò si domanda come mai Foursquare sia nato dal web e non, ad esempio, da aziende di turismo. Da user di Foursquare dico che la risposta probabile è che gli users si divertono a fare check-in, a scoprire posti nuovi in giro per la città e a consigliare quelli che ritengono i migliori agli altri. Penso che molti users di foursquare non pensino neanche più di tanto a che grande favore fanno alle aziende che “citano” nei loro check-in. Ecco che allora alle aziende conviene davvero mettersi in ascolto. Perché le persone parlano di loro. Seguiamo il consiglio di Marco Camisani Calzolari: iniziamo a diventare più esploratori digitali. Poi magari scopriamo che ci divertiamo anche a fare rete.
PS: Sapete che non c’è ancora nessuno che ha fatto check-in nella sede milanese di ADV Express? Quindi, di fatto, su foursquare non esiste. Chi vuole essere il primo a creare questo “venue”? Ci sono un sacco di punti in palio :)
Eugenia Morato
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1 commento:
copywriter...
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