venerdì 29 ottobre 2010

Ruby Thursday


Day Two al World Business Forum.

C'è Paul Krugman, Vero Premio Nobel per l'Economia 2008. Non un Nobel al Power Point come Al Gore. Grazie ad una serie di fortunate circostanze, riesco a passare con lui qualche minuto vis à vis, prima e dopo una diretta con SkyTg24, incastrati, quasi abbracciati entrambi a telecamere, cavi e parabole di bassa frequenza.

Come tutti i cervelli fini che ho avuto l'onore di incontrare, Krugman brilla per la sua normalità.
Un quarantenne non in formissima dal punto di vista dell'adipe come molti maschi benestanti dei paesi occidentali, con una barba da professore universitario east cost, pacato al limite dell'impiegato del catasto, ma con gli occhietti continuamente in movimento sul resto del mondo: segno di intelligenza accesa che spesso ho trovato in altri accademici, quasi sempre nei creativi bravi, in qualche rara occasione anche negli account di acclarato talento.

Ma l'esperienza con un personaggio di questo livello viene sprecata nella giornata in cui la bella Ruby ci regala indiscrezioni sulla vera arte nazionale.

Quel Bunga Bunga per cui giustamente siamo conosciuti a livello mondiale. Mi aspettavo che anche Krugman ne parlasse con la nostra stampa. Invece banalmente si è limitato a dire che il nostro paese non è nella lista di quelli in trouble. Siamo messi meglio di Grecia, Spagna, Portogallo ed Irlanda, nonostante il nostro tosto debito pubblico. Nessun accenno all'altro enorme debito che ci portiamo al collo, rotondo come le due meravigliose mammelle ( o se preferite le sue altrettanto interessanti natiche, smanacciate nella foto ripresa da corriere.it) della giovane marocchina liberata con una telefonata volante del Premier alla Questura di Milano. Me lo devo ricordare la prossima volta che la stradale mi fermerà in autostrada: magari, viste le mie evidenti origini meridionali, dichiarare di essere il nipote di Mubarak potrebbe funzionare come escape way.

Insomma, nella giornata in cui mi appare Krugman e riesco a sentire parlare anche il filosofo finanziere libanese Nissim Taleb, uno dei miei miti personali (leggetevi "giocati dal caso" e capirete perché siete creativi), devo registrare uno dei più brutti giovedì della vita. E non solo delle mia.

Tra i tanti che mi chiamano per un commento sulla cronaca, un giovane regista, che sono convinto farà tanta strada, mi chiede come andare a lavorare negli Stati Uniti da mia figlia: non riesce a sopportare l'idea di vivere in un paese in cui è più importante ballare il Bunga Bunga che saper esprimere qualità.

E davanti a queste parole, anche il World Business Forum 2010 passa in secondo piano. Un giovedì di sangue, un vero Ruby Thursday.
E scusate la storpiatura e la volgarità della citazione, ma non sono in me dalla rabbia...

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