mercoledì 10 novembre 2010
I primi quarant'anni della comunicazione sociale.
Si è aperta con il saluto del Presidente ella Repubblica, e due speech del ministro del Welfare e del governatore della Regione Lombardia.
Insomma,la Sesta Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale, realizzata dalla Fondazione Pubblicità Progresso, che si è tenuta ieri allo IULM, non partiva certo senza la tutela istituzionale.
E la ricerca sui giovani che è stata presentata in quest'occasione, conclude un anno di incontri, ricerche e concorsi che hanno coinvolto 35 città, 44 atenei, 7 istituti para-universitari, 83 tra facoltà e master, 53 docenti e centinaia di studenti. Un enorme lavoro di coesione sociale svolto tutto in forma completamente gratuita e volontaria.
Il risultato è una fotografia della generazione che sta per entrare nel mondo del lavoro della comunicazione molto definita.
“La politica di oggi non mi rappresenta, non dice nulla di nuovo, nessuna delle mie idee è rappresentata”.
“Immagino un futuro integrato, multiculturale, dove i limiti spazio e tempo sono superati"
“Ho paura di perdere tempo in attività senza futuro”,
“Siamo davvero lontani dal fervore del 68".
Queste solo alcune delle dichiarazioni dei giovani universitari coinvolti nella ricerca.
Ma la sensazione è che ci sia sopratutto l'attesa che le cose debbano arrivare, senza fatica: sembra che la generazione Play Station sia convinta che la pappa debba arrivare sul tavolo ben confezionata, con immense possibilità di scelta, come in un videogioco in cui tutto è programmato per divertire, coinvolgere, emozionare.
E qusto è ancora più assurdo considerando che nel 2011 Pubblicità Progresso compie i suoi primi 40 anni di vita. Un'istituzione unica, non solo in Italia, che molti pensano sia governaiva ed invece è privata, alimentata da tutte le componenti professionali della nostra industria. Un marchio sano, solido, che potrebbe davvero diventare il grande trampolino per il rinnovamento di questo mestiere.
Ma fondamentale è che, come in tutte le attività umane, l'iniziativa nasca proprio da quelle generazioni che vogliono operare un cambiamento reale. Inutile rimpiangere la vitalità del '68. Non ci pensano più quelli che c'erano, in quella stagione. Non si capisce perchè debbano aspettarsela i ventenni di oggi.
L'entusiasmo non scende come lo spirito santo.
Le cose si fanno. O non si fanno.
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