venerdì 25 febbraio 2011

Siamo Quelli delle Idee, non delle Gnocche.


Quando mi dicono che creativo è un aggettivo, non un sostantivo, sorrido.

Perché mentre si fanno sofisticate distinzioni sulla definizione che dovrebbe aiutare a renderci riconoscibili nella nostra professione, la parte più grezza del paese ci passa sopra col rullo compressore.

Ieri sera, a Matrix, sono partiti da uno spunto interessante, l'orribile campagna di Terry Richardson per una grezza marca di abbigliamento: culi femminili mostrati senza particolari formalità stilistiche. Quale migliore occasione per affrontare il tema, tutto italiano, dell'uso ed abuso dei corpi femminili?

In realtà dopo due minuti ci si è scagliati contro di noi. I creativi sono banali, mostrano corpi femminili ignudi perché sono incapaci, vuoti di fantasia, sessuofobi, maschilisti. E probabilmente, ho aggiunto io a casa, ce l'hanno anche piccolo.

Infatti abbiamo dimostrato una reale impotenza: in studio non c'era nessuno del nostro mestiere. Peccato, sarebbe bastato anche un junior copywriter per spiegare che quella che stavano massacrando non era pubblicità: erano foto di un fotografo, commissionate da un cliente un po' rozzo, a caccia di facili scandali e trasmissioni tv che offrissero sponda proprio ad un'antica tecnica, di origine "Toscani": io vi scandalizzo con poco, e voi mi regalate fama televisiva che altrimenti mi costerebbe molto.
Unico contributo dal mondo professionale, la rapida citazione di una frase del comunicato stampa del presidente di TP, Biagio Vanacore, che vi cito in calce.

Morale, in una trasmissione in cui si parlava della pubblicità che mercifica il corpo della donna, non c'era uno straccio di pubblicitario. E men che meno un creativo, cioè un rappresentante di quelli che le idee le generano.

La speranza è che in fretta, molto in fretta, la comunità dei giornalisti e degli opinion maker ricominci a considerare noi creativi (e sottolineo con orgoglio l'uso sostantivato dell'aggettivo) come controparte, quando si parla di pubblicità.

La speranza è che le associazioni che ci rappresentano (ADCI e TP) ritrovino rapidamente la voce.

Vanacore, presidente poco milanese ma molto efficace nelle sue uscite, ha cominciato a lanciare una provocazione ai giornalisti, ma anche agli utenti, con il comunicato stampa che qui vi riporto:

NOI SVILUPPIAMO IDEE, NON VOYEURISMO.

"Nessun pubblicitario che possa definirsi tale ama il corpo della donna come veicolo del proprio lavoro. Parlare di sfruttamento del corpo della donna in pubblicità è puro populismo. La questione andrebbe approfondita, magari interpellando chi la pubblicità la crea”.

Così il presidente dell’Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti, Biagio Vanacore, interviene nella discussione che in queste ore si sta animando attraverso alcuni dei principali organi di informazione.

“Il compito del pubblicitario – continua Vanacore – è quello di produrre idee che aiutino le aziende a valorizzare i propri valori, non certo quello di sollecitare il voyeurismo dei cittadini. D’altronde, sfido chiunque a trovare qualcosa di pubblicitario in una fotografia di una donna, magari opportunamente ritoccata.
Affrontare il tema dell’utilizzo del corpo della donna in pubblicità, puntare l’indice contro i pubblicitari, senza ascoltare la voce dei professionisti, vale a dire di chi crea, pianifica e diffonde il messaggio pubblicitario, in pieno accordo con il committente, è come commentare la moviola di una partita di calcio senza guardare le immagini in televisione”.

Tp, l’Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti, di cui è presidente Biagio Vanacore, è attiva dal lontano 1965 e può contare su oltre 2.000 professionisti iscritti.

“Ogni pubblicità – sottolinea ancora Vanacore – interviene in quello che è il contesto sociale, economico e politico e nasce dal rapporto di collaborazione che si instaura tra un’azienda ed i suoi pubblicitari: la prima, attraverso la pubblicità, dovrebbe tutelare la propria etica, i secondi, con il loro lavoro, dare una cifra estetica all’azienda”
.

Si può discutere, come sempre, su quello che ha scritto il presidente di TP e che Vinci ha letto, in parte, nella puntata di Matrix di ieri sera.

Ma di sicuro il segnale più bello che colgo è l'orgoglio con cui quella associazione ha voluto presentarsi:
prima di attaccare i pubblicitari, parlate con loro. Nessun creativo è felice di usare un corpo di donna per comunicare. Noi siamo quelli delle idee, non quelli delle gnocche.

E come approccio identitario, mi pare un bel punto di partenza.

p.s. delle 7 di mattina:
il post è nato un minuto dopo la chiusura della trasmissione. Ma il primo commento che ho ricevuto via email stamattina è questo divertente spoof di uno dei servizi di ieri sera, in cui si capovolgono i contenuti contro le giornaliste presenti in studio:
http://www.youtube.com/watch?v=sw_eH5kD9TM

Ma il problema è non trasformare il nostro bisogno di visibilità ed identità in visione ideologica. Perchè un creativo, anche se dentro ha sicuramente valori e convinzioni, non può diventare uno strumento di lotta politica, a favore di questo o quello. Ed il fatto che ieri sera non ci fossero pubblicitari ma solo senatrici, deputate e giornaliste schierate, mi dice che a breve diventeremo carne da macello ideologico. Volenti o nolenti...

p.s. delle 8 di mattina:
anche Massimo Guastini, come prevedibile, ha alzato la testa ed il mouse.
Questo è il post del suo blog, in attesa che parta quello dell'ADCI.
Fa piacere vedere che le posizioni non sono molto dissimili.

E adesso fatemi andare a lavorare:
a differenza dei blogger anonimi,
io ho molto da fare...

12 commenti:

Biagio Vanacore ha detto...

Grazie del tuo contributo Pasquale, come sempre puntuale e stimolante.
Spero che la prossima volta oltre ai soliti politici ed addetti ai lavori del mondo dell'informazione invitino anche noi "umili servitori delle vigne dei Signori" nelle trasmissioni dove si parla di pubblicità ... vuoi vedere che alla fine invertendo i ruoli qualcosa in Italia funziona meglio?

LaCò ha detto...

Sante parole.
I giornalisti tendono ad avere un complesso di superiorità nei confronti dei pubblicitari che sono così proni al mercato.

Ma c'era un'altra assenza importante i clienti. Perché noi pubblicitari presentiamo, argomentiamo, difendiamo, produciamo, firmiamo ma non approviamo.
Un piccolo fondamentale dettaglio

Anonimo ha detto...

E' esattamente quello che ho sostenuto nel mio intervento (unica pubblicitaria tra sociologi, politici, psicologi e movimenti femminili) all'incontro del 23 febbraio scorso a Palazzo Marino. E partivo proprio dall'annuncio di Terry Richardson e dal titolo dell'articolo della Bossi Fedrigotti sulla presunta "mancanza di fantasia dei pubblicitari". I due interventi prima di me, sebbene "ideologicamente" (soprattutto il secondo) abbastanza schierati contro la pubblicità mi hanno servito l'assist per smontare certe posizioni pregiudiziali. IL primo, quello della Zanardo è partito da 4 minuti di blob del ciarpame televisivo dell'ultima settimana credo e non c'era neanche uno spot, la qual cosa mi ha dato occasione di sottolineare quanto la pubblicità sia una presenza minoritaria nel palinsesto e comunque risulta alla luce dei fatti migliore dei programmi che interrompe. IL secondo, di una esponente dell'associazione "donne in quota" mostrava tutta una serie di annunci/affissioni di cui neanche uno ascrivibile ad un professionista della comunicazione, in quanto o esempi alla Richardson (le maison di moda/cosmetici hanno ormai da tempo il vezzo di rivolgersi direttamente agli "artisti" della immagine) o annunci locali commissionati quando va bene a grafici dell'ultim'ora e concepiti con la logica del mordi e fuggi. Dunque: nessuna agenzia di pubblicità o pubblicitario professionista alle spalle! Ho sostenuto quindi che gli esempi di pubblicità sotto accusa prima di ledere la dignità della donna offende noi professionisti, in quanto pessimo esempio di creatività e che quindi non mi sentivo sotto accusa in quanto pubblicitaria. Sarebbe come andare da un ciarlatano sedicente guaritore, lasciarci le cuoia e poi parlar mare della categoria dei medici. Ho dovuto anche spiegare come funziona il nostro lavoro e la pastoia dei canali decisionali (comprese le ricerche di mercato, co-responsabili del perpetrarsi degli stereotipi) oltre naturalmente alla questione della prevalenza maschile nei ruoli che contano e allo sdoganamento sociale di tutta una serie di atteggiamenti aberranti. RIcordavo infine che comunque sia noi come categoria di siamo dati un codice di autodisciplina e le pubblicità sotto accusa erano state bloccate nella quasi totalità mentre non altrettanto si poteva dire di altre categorie (giornalisti, autori televisivi etc.) Non so cosa abbiano pensato le agguerrite femministe della rete presenti o la Zanardo da cui più di tutti avrei gradito avere un riscontro. Ma ho avuto un cordialissimo e lusinghiero feedback della Dott.ssa Quartieri, presidente della Commissione Pari Opportunità che vorrebbe creare altre occasioni di confronto.
E questo credo sia un ottimo segnale.

Peccato che ci fosse una sola pubblicitaria tra il pubblico e nessuno (che mi risulti) della stampa di settore a dare risonanza all'evento.

Quanto al teatrino di Matrix, trovo veramente indecente e poco professionale non aver invitato un solo pubblicitario nell'arena e avrei tanto voluto che ad un certo punto si materializzasse Guastini a mettergli un tappo.

Stay Tuned

Lorella Montanaro

Anonimo ha detto...

p.s. scusate i refusi


Lorella Montanaro

pasquale diaferia ha detto...

cara lorella,
guarda che chi si è presentata come pubblicitaria è una giornalista del sole 24 ore.

Pubblicitari e clienti erano i convitati di pietra a quella trasmissione.
adesso bisogna lavorare perchè quando si parla di pubblicità vengano invitati anche i politici, oltre a creativi e clienti.
E non viceversa.

Saluti
pasquale diaferia

Lorella Montanaro ha detto...

certo Pasquale,

io però parlavo del pubblico dell'evento a Palazzo Marino di cui stavo facevo il report...non del pubblico di Matrix...

concordo ovviamente sul resto

saluti a te
Lorella Montanaro

Anonimo ha detto...

riflessione condivisibile, ma manca l'iniziativa.
al creativo pasquale rispondo ciò che tanto spesso viene rinfacciato a noi donne: se voi non siete come il mainstream vi rappresenta, allora permetteteci di vedere come siete in realtà. avete pensato a una bella manifestazione dei "pubblicitari corretti", consapevoli dei problemi di genere e rispettosi della rappresentazione del corpo delle donne? siete in amicizia con lo iap?
p.s. loredana lipperini nel suo blog cita una frase di questo post che ora non compare più: cambiare le frasi di un post pubblicato non si fa.

pasquale diaferia ha detto...

ciao anonimo.

che peccato che non ti firmi, a differenza di tutti gli altri.

per quanto riguarda lo IAP, siamo rappresentati come TP, non ancora come ADCI. Ma Guastini ha già annuniciato che farà la richiesta di affliazione.

per il resto, forse sei così attento a coprire il tuo anonimato da non accorgerti che sia il nuovo ADCI, che il presidente di TP hanno preso una oosizione netta,

e stanno cominciando ad organizzare proprio le manifestazioni del caso.

se non fossi anonimo, ti chiederei addirittura di darci una mano.

per quanto riguarda le frasi modificate, non mi risultano modifiche di testo.

quindi, se vuoi darmi lezioni di etichetta, sei pregato di citare la frase mancante.

ma temo che sarà difficile.

sempre a disposizione,
pasquale diaferia

Redazione ha detto...

caro anonimo,
sono andato sul blog della lipperini.
cito testualmente:

"Ma c’è un punto debole. Inconsapevolmente, è una pubblicitaria incazzata, che commenta, sempre su Facebook questo post, a evidenziarlo:

“Gridiamo al mondo che quello che noi facciamo è lo specchio della società in cui viviamo”

Il problema che se citi un post di facebook e linki il blog di advexprss, difficilmente troverai la frase citata.

Tutto qui. Credo sia un errore meccanico della lipparini, non una mancanza di netiquette da parte mia.

saluti
pasquale diaferia

Roberto Brandi ha detto...

Premetto che in pubblicità tutti - utenti, fotografi, pubblicitari o chiunque altro - devono essere liberi di esprimere quello che vogliono e come vogliono purché poi ognuno si prenda le proprie responsabilità. Questo in omaggio al principio che creatività è anche libertà di espressione. Se no che creatività sarebbe?
Poi c'è il problema del buon gusto.
Qualche tempo fa una pubblicità volgare veniva bloccata, se non dal cliente, che temeva ricadute sul suo prodotto, almeno dal mercato.
Oggi non è più così: il motto napoleonico del "bene o male purché se ne parli" sembra essere sempre più in auge (del resto siamo in epoca di nuovi napoleoni). Ma allora il discorso si amplia al costume, alla morale, al livello culturale e così via.
Alla fine credo che - per assurdo - le buone intenzioni dei pubblicitari siano osteggiate proprio dal meccanismo mediatico che fa parte integrante del loro stesso lavoro.
Quanto all'uso del corpo delle donne, non è tirando su la gonna di una modella che si fa scandalo: di quello stesso servizio ho trovato molto peggio lo scatto delle due ragazze che succhiano il ghiacciolo.
Comunque è indubbio che la donna è usata e abusata in pubblicità; ma è anche vero che la maggior parte dei messaggi che la usano sono rivolti proprio alle donne. In realtà il corpo delle donne piace non solo per motivi erotici (agli uomini), ma anche per motivi estetici (agli uomini e alle stesse donne). Dunque, insisto, è solo un problema di buon gusto.

Anonimo ha detto...

Disattento, permaloso e prevenuto.
Sono donna (se scrivo "noi donne" mi pare logico);
dicevo sul serio, senza ironie, riguardo a una vostra eventuale manifestazione e all'amicizia con lo IAP;
l'anonimato su internet e in particolare nel suo blog è permesso, ancora, quindi non vedo la difficoltà.
Saluti e si rilassi.

pasquale diaferia ha detto...

@anonimo

"Disattento, permaloso e prevenuto."

Grazie per averci svelato che "noi donne" vuol dire che lei, caro anonimo, è una donna. Io però conosco anonimi che scrivono "noi creativi" e sono account.

Confermo di essere permaloso, almeno in questo caso. Sopratutto quando si dice che ho commesso un errore di netiquette e le ho dimostrato che non è vero. Mi sarei aspettato le scuse, invece dell'accusa.

Sulla prevenzione nei confronti degli anonimi, mi permetta di dirle, rilassato come mio solito, che qui è pochissimo praticato, anche se permesso.

Sarà un segno che i nostri lettori non ci considerano disattenti, permalosi e prevenuti.

buona serata
pasquale diaferia