mercoledì 18 maggio 2011
Cara Valentina, hai ragione.
In risposta alla lettera di Valentina Maran di questa mattina, sulla presenza/assenza di donne in ADCI e nelle sue giurie, riceviamo e volentieri pubblichiamo una bella e piana risposta di Annamaria Testa, creativa di grande qualità ed esperienza oltre che scrittrice e docente universitaria, con una sterminata produzione sulla Teoria e di Pratica della Creatività. E' ovviamente un onore per noi di LatoB aver avviato una discussione che sta animando la comunità delle donne pubblicitarie, su cui in passato tanto ci siamo spesi, in difesa del genere, e delle professioniste.
Cara Valentina,
hai ragione. Su tutti i punti di cui parli.
Ce n’è un paio meno evidenti ma piuttosto velenosi.
In un ambiente maschile, com’è da sempre quello delle imprese, e com’è oggi (più che in passato) quello delle agenzie, anche linguaggio, categorie di giudizio, retoriche e visioni sono in larga parte maschili.
Questo toglie ricchezza, prospettive e potenzialità creative al pensiero e ai discorsi, ed è una perdita per tutti, ma non solo. Finisce per rendere alieno e fuori luogo sotto il profilo formale qualsiasi contributo non allineato su metafore cazzute. O sulla logica del confronto muscolare, nella variante del gorilla (mi batto i pugni sul petto lanciando alte grida per affermare che io sono più in gamba degli altri. O, più astutamente, che gli altri lo sono meno di me. Ed ecco la storia delle giurie) oppure nella variante del geometra (mi misuro accanitamente gli attributi con l’intento di dimostrarne l’imponenza. A costo di taroccare il metro. Se ci pensi bene, per esempio, tutto il contenzioso sui fake rimanda a questa simpatica abitudine). O, ancora, nella variante di Paperone: quanti ori hai, eh?, quanti ne hai? Vecchio o nuovo conio? Se non hai ori, non esisti.
Tutto ciò che esula da questo perimetro claustrofobico viene ritenuto o irrilevante o noioso.
Il secondo punto velenoso riguarda il fatto che, se sei una donna, sbagli e non sei adeguata qualunque cosa tu faccia o non faccia, e comunque tu sia.
Cerchi spazi per una vita privata? Te ne freghi e non hai ambizione. Lavori 16 ore al giorno? Sei assatanata. Sei tosta? Allora sei prepotente. Sei disinvolta? Una zoccola. Sei riservata? Una palla. Sei intelligente? Una scassamaroni. Ti dai da fare? Eh eh, vuoi visibilità. Te ne stai per i fatti tuoi? Uh uh, una piccola snob di merda. Protesti? Sei lamentosa. Provi a dire la tua? E chi ti credi mai di essere… Ti opponi? Una veterofemminista. Strega, ovviamente. Hai successo? Mmmhhh… ci dev’essere per forza sotto qualcosa di poco chiaro. Non hai successo? Colpa tua, stai sempre a pensare ai figli. Sei brava? Ma no, beh, mica tanto: quelli bravi hanno una faccia diversa. Rivendichi il tuo diritto a essere differente? Cchissenefrega.
In questo allegro contesto generale (perché, ovviamente, esistono eccezioni: persone e luoghi) il fatto che Guastini, uno che contraddice le logiche di cui sopra, sia stato eletto presidente adci è, nel nostro piccolo, sorprendente quasi quanto il successo di Pisapia alle amministrative milanesi.
Detto questo, penso che né lui né nessun altro creda nei miracoli: l’intero sistema è poco sano, e ha un metabolismo rallentato.
E sì, è poco sano anche perché è dimezzato. E non sa neanche rendersene conto.
Dunque, hai tutte le ragioni per tenerti fuori dal club. Io l’ho fatto per vent’anni, e per i tuoi stessi motivi. Sono rientrata solo perché il manifesto deontologico mi sembrava un segno importante e necessario non verso il club, ma verso l’esterno: il mondo in cui tutte noi viviamo, e in cui la pubblicità ha un peso effettivo nella costruzione di un immaginario che andrebbe cambiato.
Un solo argomento, forse, potrebbe convincere te, e altre colleghe, a riprovare: chiedere ruolo (non solo all’interno dell’adci) per le donne senza rendersi disponibili a sostenerlo, quel ruolo, è piuttosto contraddittorio. E chiedere una valorizzazione delle donne senza mettersi in gioco, in primo luogo, come persone che hanno valore, rimanda alle logiche sessiste che tanto poco ci piacciono.
Sarebbe meraviglioso se ti sembrasse un buon argomento.
Ma forse lo dico solo perché vorrei nuove amiche. E perché casco dai tacchi, e non posso neanche consolarmi con le Loboutin.
Un abbraccio
Annamaria Testa
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5 commenti:
non sapevo cosa fossero le Louboutin fino ad adesso...si vede che non esprimo al meglio la mia femminilità ;) o non sono informata...
mi è piaciuto soprattutto il tuo ultimo inciso sulla necessità dell'impegno e del mettersi in gioco, anche sentendosi ripetere pur se non detti (non sia mai) gli stessi luoghi comuni...forse il discorso sui generi e sui diritti dei generi è fatto di luoghi comuni, senz'altro... e vale reciprocamente....però sono anche i fatti e le opinioni o le mezze frasi che confermano spesso, i luoghi comuni..di cui sopra.
Grazie Valentina, grazie Anna Maria per dare voce anche a noi art directors, che come è risaputo non sappiamo scrivere e spesso rimaniamo ammutolite.
Come voi anch'io adoro le Louboutin, anche se in questo momento rimangono aspirazionali. Tre anni fa ho deciso di lasciare di sana pianta la direzione creativa di una nota agenzia di comunicazione integrata e a 360 gradi, a dire il vero ne usavamo solo 90 dei gradi, ma questa è un'altra storia. Poco tempo dopo il plateale gesto, sentendomi più serena nel esilio, ho capito con tristezza il grande quadro. Ho capito che in quanto donna, madre e carente di testosterone no era possibile mantenere un incarico di una certa rilevanza, se in cambio non vendevo il figlio agli zingari o facevo una cura ormonale. Il prezzo è decisamente alto. Oggi leggendo le vostre parole ho capito di non essere da sola e che non era solo una percezione quella del lampante maschilismo nel mondo del lavoro ancora nel XXI secolo, mi ero illusa che la lotta femminista fosse cosa d'altri tempi. Sull'onda del entusiasmo quasi che mi convinco anch'io di ritornare a battagliare a patto che ci siate anche voi.
...forse val la pena di provare, no?
Annamaria
Blog interessantissimo! lo consiglio a quanti vogliono avere successo!
Commento un po' tardivo lo so, ma è da quando ho letto per la prima volta questo scambio di lettere che penso a quanto invidio il dono della sintesi e l'eleganza con la quale si è espressa Annamaria parlando della posizione delle donne che lavorano.
Non ho figli e non occupo una posizione manageriale, ma la discriminazione è a tutti i livelli e talvolta contagia anche le donne che si autocensurano per non essere additate come descritto nella lettera.
Ho fatto informalmente girare via mail uno stralcio del testo a tutte le mie amiche e tutte mi hanno chiesto di poter leggere l'intero testo.
Ecco, volevo dirvelo :)
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