Mai rientro dalla pausa estiva è stato più traumatico. Quella che era una speranza si è tradotta in una terribile illusione. Speravamo che la lunga crisi fosse vicina alla fine e, invece, scopriamo che la situazione è addirittura peggiorata. Il debito pubblico nel mirino degli analisti e delle istituzioni politiche internazionali ha costretto l’Italia a correre ai ripari con la manovra finanziaria da 45 miliardi allo studio del Governo in queste settimane. In questo contesto, aggravato da una sostanziale mancanza di iniziativa politica sulle misure da adottare per la crescita del paese, l’economia e, quindi i consumi, stentano. In sostanza, l’Italia è ferma: la disoccupazione è all’8% (con una punta del 27,6% nella fascia sotto i 25 anni), il costo della vita è aumentato del 2,8%, l’inflazione è tornata ai massimi dal 2008, il risparmio delle famiglie va verso una graduale erosione. In sintesi, per l’Istat è difficile ipotizzare una crescita, sia pure dell’1%, per il 2011. Insomma, non c’è di che stare allegri.
Il mercato della comunicazione non può non risentire del contesto economico e sociale. Secondo le tesi più ottimistiche gli investimenti sono al ‘palo’ ma, alla luce di quello che sta accadendo, sono in molti a proiettare una fine d’anno ancora una volta in rosso, con un 2012 che già si presenta a tinte fosche in virtù della manovra finanziaria.
Eppure, questo scenario di crisi, di stagnazione, è caratterizzato da un caos profondo nel mondo dei media e dei canali di comunicazione. In occasione dell’assemblea di luglio il presidente dell’Upa, Lorenzo Sassoli de Bianchi, ha parlato di ‘stallo dinamico’, dove lo stallo è nei numeri e il dinamismo nei grandi cambiamenti in corso. La frammentazione dei canali, la sempre più definita autonomia nella scelta dei modi, dei tempi e dei luoghi con cui relazionarsi, l’ubiquità stessa delle persone, sempre online attraverso dispositivi mobili, la loro possibilità di essere i generatori stessi di contenuti e di informazioni impongono alle aziende e agli operatori della comunicazione di investire ancora di più nella qualità dei contenuti da proporre per arginare la frammentazione. Per uscire dallo stagno, e compiere un vero salto nella modernità, si rende necessario un nuovo patto tra aziende e partner di comunicazione per studiare insieme le forme di comunicazione più efficaci per fare fronte alla complessità in cui ci troviamo. Un patto che non può non fondarsi sul reciproco rispetto dei ruoli, sulla giusta valorizzazione del lavoro svolto, e su un maggiore apporto strategico dei partner di comunicazione. Insomma, ognuno è chiamato a fare la propria parte con un senso di responsabilità oggi superiore rispetto al passato.
Salvatore Sagone
lunedì 5 settembre 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento