lunedì 7 novembre 2011
Massimo, Do The Right Thing.
Riprendiamo dopo un lungo periodo di inattività su LatoB, dovuto all'impegno su “The HeadLiners”, il libro sui copywriters italiani.
Le presentazioni pubbliche del libro mi hanno permesso di verificare che l’idea originale, parlare del nostro mestiere in modo che si potesse ritrovare la dignità pubblica del nostro lavoro, è stata colta ed apprezzata.
Il fatto che Mario Serenellini, apprezzato critico letterario e cinematografico, abbia dedicato quattro pagine di un magazine nazionale ai copywriters dimostra che è abbastanza facile parlare della nostra comunità come di gente seria, colta, capace di lasciare segni nella cultura popolare e nlla società.
Insomma, come nel finale del video virale (che potete rivedere qui) nato dall’idea di Annamaria Testa, si voleva ricordare a tutti che, Al Pacino Docet, “dobbiamo risorgere come collettivo, altrimenti saremo sconfitti come individui”.
Quindi ho trovato normale, tutte le volte che ho presentato il libro, ribadire che non conta chi c’è o chi non c’è: quello che è importante è che si parli di noi come autori di pubblicità, rappresentando tutti gli scrittori che lasciano le loro creature non nelle antologie scolastiche, ma nella testa dei propri consumatori.
Ma c'è invece chi trova rilevante chiedersi perché sul libro non ci sia questo o quello. Dispiace che questo qualcuno non sia un player marginale, ma che sia il blog dell'Art Directors Club Italiano.
C’è già pronta una risposta pacata, quella che il mio editore ha messo nell’intro del libro. Abbiamo privilegiato la rappresentazione di tutto il movimento creativo italiano, dando spazio a 54 copy, scelti tra uomini e donne, tra chi lavora in multinazionale o da indipendente, dando spazio ai giovani come ai più anziani, a chi lavora in provincia o all'estero come a chi sta a Roma o Milano, in un volume di 128 pagine. Potevamo arrivare a 150 pagine per aggiungerne altri 30, potevano arrivare a 200, mettendone altri 50. Ma, al di là di banali problemi economici e produttivi, non temevamo il prevedibile grillo parlante. Inutile aggiungere nomi in un’opera che evidentemente non ha ambizioni enciclopediche. Si voleva sopratutto ridare rappresentazione qualitativa a tutta una categoria che nell’ultimo decennio è stata sottoposta a massacro di reputazione, nonostante sia la parte più sana e qualitativa dell’industria.
Ma c’è anche la risposta di quel rompiscatole del Diaferia, che ha promosso il libro, ha lavorato con tutti quelli che hanno messo buona volontà nel progetto, dai giovani fotografi ai copywriter stessi, si è speso perché ci si occupasse della categoria, forte della convinzione che “se parlano bene di alcuni di noi, è tutta la reputazione della categoria che cresce”, indipendentemente da chi fosse presente nel libro. La mia sensibilità è vicina ad uno degli Art Directors Club più importanti del mondo, quello di New York, di cui mi pregio di essere socio ed alla cui missione ho aderito entusiasticamente: “Connect, Provoke and Elevate world changing ideas.”
La situazione è proprio questa, semplice semplice: la scelta di parlare dei 54 HeadLiners ha sicuramente contribuito ad elevare il livello della discussione, a mettere in relazione i copy tra di loro attraverso gli incontri pubblici, a provocare attenzione su tutti quegli autori di pubblicità del paese che hanno la pretesa di costruire mondi con le proprie parole, come nel già citato spot.
Tentare di dividere il campo, cercando di far credere che manca qualcuno o che le esclusioni hanno ragioni non dette, è semplicemente ingenuo ed infantile. Primo, perché nemmeno gli esclusi ci hanno contestato in pubblico o in privato le scelte, anzi alcuni di questi hanno volentieri offerto o continuato ad offrire la loro collaborazione all’editore ed a LatoB (come potete verificare proprio qui). Secondo, perché se quella del post di un socio anziano con intro del presidente (ed annessa impecisione, sebbene poi rettificata) è la posizione dell’ADCI , c’è la clamorosa sconfessione di uno dei punti qualificanti del programma elettivo guastiniano: “Unire, non dividere.”
E se dire che in un libro di un socio manchino molti soci è tutto fuorché un atto di comunione, stupisce che l’atto di divisione arrivi proprio in un momento in cui, grazie non solo a The HeadLiners, ma anche all’iniziativa di Alfredo Accattino (che trovate qui), si sta pubblicamente tornando a parlare di questo lavoro, dei creativi come produttori di PIL, di attività di lobby che siano utili per tutti, non solo per alcuni. Stupisce che ADCI (cui peraltro noi non abbiamo chiesto endorsment di alcun tipo, nemmeno negli incontri privati con Guastini) non colga ed appoggi senza se e senza ma tutto, ma proprio tutto questo lavoro, per arrivare più velocemente agli obiettivi comuni.
Spero che non stupisca il fatto che questo post si concluda con una pubblica, pacifica e praottiva richiesta al presidente Guastini di Fare la Cosa Giusta. Non un atto riparatorio, (non ne abbiamo bisogno, non ci sentiamo turbati o offesi), ma semplicemente un gesto utile: riportare il focus sui copywriter, sui creativi, sul fatto che questa comunità professionale cresce solo se tutti evitiamo di denigrarci vicendevolmente, come in altri tempi è successo.
Perché, quindi, il presidente in prima persona non prova a sostenere le iniziative future legate al lancio del libro, a cominciare dagli appuntamenti di domani e mercoledì a Firenze e Bologna, ed i futuri nelle altre librerie Feltrinelli d’Italia? Basterebbe che sullo stesso blog Guastini segnalasse gli appuntamenti e ribadisse che il libro promuove i copywriter, quindi fa il bene di tutta la comunità.
E perché, visto che la sua priorità è migliorare la reputazione dei creativi presso i clienti, non appoggia le future iniziative che con l'editore stiamo prendendo per fare in modo che questo libro sia nelle mani dei manager d’azienda? Basterebbe che Massimo ribadisse personalmente, senza affidarsi ad intermediari d'altri tempi, che è giusta la nostra iniziativa di usare il libro per parlare di copy e della qualità del loro lavoro nelle sedi istituzionali, l’UPA come le altre associazioni di categoria.
La disponibilità, mia e dell’editore, come sempre è massima, visto che gli obiettivi sono comuni. Ovviamente quelli della Connessione, della Provocazione e dell’Innalzamento della qualità del lavoro dei creativi. Ci fanno sorridere i tentativi di divisione e le critichette di bottega. Appartengono al passato, a ormai consunte pratiche di pettegolezzo: analogiche o digitali, anonime o griffate, non hanno mai avuto il nostro interesse, anzi le abbiamo vigorosamente combattute. Molti immaginano non siano nemmeno tra le priorità dell'attuale consiglio del club.
Insomma, dalla nostra parte c'è un chiaro percorso unificante, che ci ha portato alla realizzazione di questo libro, come del film collettivo "Le città Invisibili", l'anno scorso. Dovrebbe incontrare ADCI sulla stessa rotta, se è vero che una delle priorità del club dei migliori creativi italiani fosse “unire , non dividere”. Almeno, di questo si era parlato a fine marzo di quest'anno.
E, personalmente, sono sicuro di ricordare bene.
Pasquale Diaferia
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5 commenti:
Manca il link del post o del commento cui rispondi., il che non facilita il discorso. Cercando nel blog, mi pare possa essere questo:
http://blog.adci.it/?p=1221
Mi sembra che si tratti di un'osservazione di carattere personale di Till Neuburg che, giustamente, osserva che la selezione di copywriter non è completa. E come qualsiasi selezione, non potrebbe esserlo: a meno di non censire puntigliosamente tutti i copywriter italiani, credo che qualsiasi selezione debba essere considerata "Incompleta", come qualsiasi antologia.
Ciao Pasquale Diaferia, trovi la mia risposta nel blog Adci: http://blog.adci.it/?p=1317
massimo guastini
Pasquale, sul tuo libro ti devo due brevi risposte - e una conferma:
1) Ciò che ho scritto sul blog ADCI, non intendeva e non poteva rispecchiare il pensiero del Consiglio del Club. Nessuno dei nove Consiglieri sapeva che cosa avrei scritto.
2) Nel mio commento ho fatto notare la mancanza di alcuni nomi perché 54 non sono il risultato di una selezione, ma un panorama - con l'eccezione di un solo nome, una sorta di state of the art del copywriting italiano. Ho citato l’assenza di dodici copy molto attivi, molto presenti, molto premiati (oggi - non in passato), ma forse potevano essere anche di più. Nel mio commento ho anche messo in conto che forse qualcuno mancava per circostanze casuali. Però, non avere p.e. incluso il copy più premiato nella storia dell’ADCI, il collega che per primo aveva creduto (con crescente successo) nel peso sempre più vincente del web, oppure il vincitore di due Grand Prix ADCI, mi è sembrato un limite. Non un peccato, solo “peccato”.
3) Avevo espresso un pensiero molto lusinghiero su ciò che era stato detto in occasione della presentazione milanese del libro. Forse anche l'oggetto di quella discussione, avrebbe meritato qualche mio elogio in più: per l’idea, per il gran lavoro, per il semplice fatto che dopo lo storico libro di Renata Prevost, siamo di fronte al primo panorama esclusivamente italiano NON sulle campagne, NON sulle agenzie, NON sui clienti - ma su chi quelle campagne le fa. Attendo con impazienza un analogo “censimento” sugli art. Ciao.
till,
relativamente al punto uno:
quando un post sul blog ADCI ha l'intro del presidente in carica, che peraltro aggiunge quattro nomi sua sponte, è difficile dire che il post non rappresenti una posizione del club. Peraltro la risposta successiva di massimo non fa che confermare tutto ciò, e devi essere il primo a prenderne atto.
per il resto, non credo che ci sia da discutere.
sei liberissimo di scrivere tutto quello che ritieni opportuno, e mi batterò fino alla morte perché ciò avvenga. Spero che lo stesso possa essere consentito anche a me.
saluti,
pi piccola
Ma perché diavolos scrivi copywriters con la s?
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