lunedì 13 febbraio 2012

La nave Italia tra speranze e realtà


Non so quanti di voi hanno colto alcune similitudini tra la tragica e per certi aspetti grottesca vicenda della Costa ‘Concordia’ e la situazione nella quale versa il nostro amato Paese. Una grande imbarcazione come una grande nazione qual è la nostra: comfort, buon gusto, raffinatezza frutto della migliore capacità creativa e produttiva italiana. Ma anche distrazione, incoscienza, mancanza di un governo efficace, di un timoniere e di ufficiali capaci. E con poca, pochissima ‘Concordia’. Col risultato che, nel delirio di onnipotenza, tra un inchino e una ‘distrazione’ con la moldava di turno, la nave Italia è finita dritta sugli scogli. Causando vittime e un danno di immagine difficile da riparare. De Falco, alias Monti, ci ha messo una pezza, con la speranza che la nave possa essere riparata e portata in un porto sicuro.
Al momento è lì, in bilico tra le rocce del Giglio, sottoposta al ludibrio internazionale e ai marosi che potrebbero ingoiarsela negli abissi. Anche l’Italia è in bilico, ormai declassata al livello del Perù (con tutto il rispetto per il paese degli Incas).
Le prospettive di un Pil in recessione del -2,2% nei prossimi due anni agitano non poco le acque dell’economia e, di conseguenza, dell’industria della comunicazione. Nelle ultime settimane abbiamo già avuto segnali tangibili dell’aria che tira. Ci riferiamo alla chiusura della New Partners e alla messa in liquidazione della Opus Proclama, la storica concessionaria per il cinema. I due casi sono la punta dell’iceberg, ed è facilmente immaginabile come la turbolenza stia scuotendo tutto il sistema. Eppure, il business va avanti. Al di là delle dimensioni, chi ha saputo tenere saldo il timone sulla rotta giusta, chi ha saputo adeguare la propria offerta alle rinnovate esigenze dei clienti, senza per questo ‘sbracare’ sulla remunerazione, può affrontare il presente e guardare al futuro persino con ottimismo. La sensazione è che, comunque, la comunicazione italiana non riesca ad uscire dalle secche di un atteggiamento ancora vetero pubblicitario che fa riferimento a un business model non più attuale. Un atteggiamento che relega il nostro paese a un ruolo sempre più esecutivo e sempre meno propositivo e di primo piano a livello internazionale. Come a Schettino è mancato il coraggio, la qualità che deve essere nel dna di un vero comandante, alla comunicazione italiana (clienti e agenzie) manca ancora quello spirito innovativo che, in altri campi, ha reso possibili grandi imprese. Ci auguriamo che il vento della crisi ci spinga ad uscire dalle secche per farci ritrovare il piacere della scoperta.

Salvatore Sagone

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