martedì 5 maggio 2009

Joichi Ito: ‘L’Italia deve passare dal Berlusconi marketing all’Obama marketing”












Il suo profilo su LinkedIn conta 27 attuali posizioni, tra cui CEO di Creative Commons. Per il World Economic Forum è uno dei 100 leader globali del futuro. Ho avuto occasione di intervistare Joichi Ito durante il suo ultimo viaggio a Milano. Un uomo che crede nell'economia della condivisione e nel social networking applicato al business. Un uomo con i lineamenti che ricordano quelli di un bambino, non a caso.

Con il web 2.0 è nata la User-generated content, che ha avuto importanti conseguenze sulla comunicazione. In considerazione di queste evoluzioni, quale ruolo deve assumere internet per la comunicazione di un’azienda, indipendentemente dalle sue dimensioni o dal suo mercato di riferimento?



Le aziende dovrebbero coinvolgere i consumatori sia attraverso la creazione di una community, sia rendendoli parte attiva del proprio sviluppo, condividendo con loro progetti ad hoc. I clienti sono persone con le quali interagire, le aziende dovrebbero ascoltare i loro consigli. Creare una community all’inizio può avere degli effetti negativi, perché chi partecipa può essere molto critico, ma se l’impresa saprà conquistarsi la fiducia dei singoli individui, se dimostrerà di avere rispetto e considerazione, sarà la stessa comunità la prima a proteggerla. Ascoltare, però, non basta: le persone vogliono potersi esprimere. Per avere successo le aziende devono coinvolgere gli individui a partecipare e realizzare per loro conto specifici progetti. Solo così potranno abbattere il muro tra l’azienda e il mondo che la circonda, ottenendo un maggiore sviluppo. Ma questo non può succedere se il management pianifica tutto e se l’impresa non condivide know-how, informazioni, contenuti e risultati con l’esterno. È necessario dare la possibilità, a chi è in grado e vuole farlo, di utilizzare open source aziendali per sviluppare progetti che non appartengono al core business ma che potrebbero, ad esempio, diventare parte delle best practice che, anche se non servono per competere direttamente con la concorrenza, contribuiscono a rafforzare l’immagine dell’azienda. Un ottimo esempio di utilizzo di internet e dei suoi strumenti per creare una comunità è stata la campagna elettorale di Barack Obama. Aveva solo un messaggio, molto semplice, ma ha saputo diffonderlo bene con la rete. L’Italia deve svilupparsi dal “Berlusconi marketing” all’”Obama marketing”.

 

Può spiegarci meglio? Come vede la situazione italiana e cosa possiamo fare per migliorarla?



Per certi versi l’Italia e il Giappone sono molto simili. Come i giapponesi, gli italiani hanno vivono immersi in una tradizione che deriva da un percorso storico lungo e complesso. Una caratteristica positiva, che però crea dei limiti perché spinge a guardarci dentro, più che a confrontarci con altre realtà. In Italia internet è ancora poco diffuso: gli italiani non lo utilizzano per il goverment e l’education, ma solo come strumento per il download illegale, una fase iniziale di approccio al web che hanno passato tutti i paesi, ma che deve essere superata. Per l’Italia potrebbe non essere facile, perché da un lato il governo non sfrutta gli strumenti web based per comunicare con i cittadini, dall’altro combatte l’utilizzo illegale di internet contribuendo a bloccarne lo sviluppo. L’uso illegale della rete è sicuramente sbagliato, ma è inutile cercare di combatterlo con sanzioni legali: quando gli Stati Uniti hanno attaccato la pirateria informatica chiudendo programmi peer to peer quali Napster, subito gli utenti si sono organizzati altrimenti. Quello che è necessario fare è rispondere al bisogno dei consumatori con un servizio che diventi un’alternativa all’illegalità: invece di punire i pirati informatici dovremo dare loro un servizio che soddisfi i loro bisogni, come ha fatto iTunes, che sta avendo un grande successo. Se persone scaricano file da altri computer, non è per il gusto di infrangere la legge, ma perché è l’unico modo per reperire quel file in rete a basso costo. Venendo loro incontro, il comportamento illegale non smetterà di colpo, ma diminuirà più che sanzionando e controllando l’attività dei singoli.



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