La frase è di Simon Signoret. Mi sembrava perfetta per commentare il primo spot in onda su Radio Vaticana, annunciato con squillare di trombe dal solito enfatico comunicato stampa della solita enfatica agenzia di pr.
Eppure la cosa è davvero epocale perchè, il virgolettato è d'obbligo, "per la prima volta nella sua storia, Radio Vaticana ospita un'inserzione pubblicitaria». Per il primo spot, la radio della Santa Sede ha scelto una campagna Enel appositamente studiata per un target internazionale (in cinque diverse lingue) e per rispondere ai canoni di istituzionalità e responsabilità che contraddistinguono l'emittente.
La risposta dei miei venti lettori potrebbe essere "e chi se ne frega", che è uno dei miei sistemi preferiti di catalogazione per capire se una notizia è rilevante o meno.
Ma quello che mi ha fatto sorridere è l'ultima nota del comunicato, anche questa rigorosamente riportata tra virgolette:
"Questi spazi commerciali saranno in onda in fasce orarie appropriate e non interromperanno mai i vari programmi".
Come dire, perfino il Vaticano ufficializza che l'orgasmo dell'Interruption Marketing è formalmente terminato.
Adesso mi sa che se ne dovranno rendere conto anche le altre radio e televisioni (per tacere dei centri media) che, da almeno vent'anni, vanno avanti con irremovibile nostalgia: pensano che il pubblico sia sempre lo stesso che comprava la Pastamatic o le alghe di Wanna Marchi. Lo stesso che si faceva interrompere i film e guardava adorante la pubblicità.
Oggi una ricerca del Politecnico di Milano afferma che alle 20.30 a passare la serata su You tube, su messenger, sulle e mail, sul telefonino, sui canali tematici satellitari, sono in 23 milioni (di italiani, non di tedeschi). E nessuno di questi è disposto a farsi interrompere alcunchè. Sopratutto da uno spot.
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