giovedì 24 giugno 2010

the new age of the (old) new media.

Con la rivoluzione digitale, cambiano anche i Business Models dei media.

Lo dice un francese, quindi per definizione uno che di rivoluzioni se ne intende. E' Dominique Delport, CEO di Havas Media, con in sala Seguela che lo ascolta attento come un bambino delle elementari.

In effetti è la prima volta che sento un uomo media della pubblicità osservare con un po’ di preoccupazione le grandi accellerazioni degli ultimi 5 anni, guidate in particolare dal cambiamento dei consumatori. Quelli che, potendo scegliere, stanno abbandonando tutto quello che non è connesso al web e non permette relazioni sociali.
In un Era di Super Scelte Digitali, dove mentre si guarda la tv si parla al telefono, si chatta sui social network o si scarica la musica preferita, la turbolenza sta diventando la regola ed i nodi stanno arrivando al pettine.

Infatti c’è sempre meno stampa e sempre meno tv broadcast nel menù dei consumatori. E se la prospettiva è che in futuro tutto sarà diffuso in forma digitale, i contenuti di stampa e tv dovranno rinnovarsi e trovare la maniera di essere pagati. Altrimenti, come in tutte le attività economiche, si scompare.

Proprio sulla tv stanno evidenziandosi alcune modelli di profitto alternativi, guidati da tre comandamenti scolpiti nella roccia: taglia i costi, muovi la audience, diversifica. Lo dimostra per esempio il caso di M6, emittente giovanile europea che ha anche una radio: nella versione mobile su cellulare ha 1 milione di iscritti che generano oltre 1 milione di euro, ed in quella ecommerce ha prodotto 300 milioni di euro di fatturato, l'anno scorso.

E che la tv del futuro sarà sempre più connessa e meno broadcast è provato da un duplice fenomeno. Tutti i produttori di hardware, Samsung in particolare, si stanno attrezzando per commercializzare apparecchi che sullo schermo, all’accensione, avranno le icone di apps per scaricare programmi non broadcasted. E anche Google sta cominciando ad interessarsi al tema con un suo prodotto, Google.tv, che permette di avere una sintesi di tutti i contenuti che ti interessano, preregistrati e messi assieme secondo la profilazione dei tuoi gusti. Quello che Nicholas Negroponte proponeva come idea 15 anni fa, qualcuno lo sta realizzando.

A questo punto, almeno dal puto di vista pubblicitario, qualche rischio di sistema c’è.

Infatti una serie di produttori di hadware, come Samsung, che fa tv e cellulari, potrebbero diventare interfaccie uniche nella distribuzione dei contenuti, e questo non è bello per l’indipendenza degli editori.
Oppure il rischio della nascita di un sistema che riesca a tenere sotto controlo con un unico algoritmo tutti i media digitali (e Google di algoritmi se ne intende) potrebbe diventare controllore quasi esclusivo del sistema media digitale, per la sua capacità di generare un sistema definito “Auction Economy”, in cui i soggetti media vengono pesati in base alla loro audience istantanea e le tariffe vpubblicitarie engono adeguate al peso specifico dell'offerta del momento, non alla reputazione o alla qualità del prodotto e del pubblico.

Conseguente rischio è che pochi soggetti che bloccare il mercato digitale, marginalizzando e disintermediando proprio i centri media. Il personaggio che più preoccupa è Steve Jobs, non solo per il fatto che con iPad abbia già il 22% del mercato degli eBooks e che su iTunes siano stati scaricati oltre 10 miliardi di brani o che la webradio Pandora abbia52 milioni di subscribers.
Insomma, l’unica cosa certa è che un grande produttore di hardware come Apple sia diventato il più grande editore del mondo (e già stia vendendo spazi pubblicitari per investimenti di almeno 1 milione di dollari) o che un grande motore di ricerca come Google sia diventata la più grande concessionaria pubblicitaria al mondo.

Che i centri media si stiano preoccupando della cosa, è solo un segno dell’ennesimo ritardo dell’industria della pubblicità tradizionale, quella della stampa su carta e della tv broadcast.
Per fortuna, negli ultimi tempi, non tutti sono andati solo in quella direzione, ma si muovevano verso quei new media che oggi sono già quasi vecchi e consolidati..

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