sabato 19 febbraio 2011

Il peso delle idee.


Massimo Guastini e la sua squadra (Paola Manfroni vicepresidente, Francesco Emiliani, Fabio Ferri, Fabio Gasparrini, Paolo Guglielmoni, Matteo Righi, Maurizio Ratti consiglieri e Gianni Lombardi come segretario) sono stati eletti a maggioranza bulgara da 71 soci del club. Per i prossimi tre anni avranno come missione quella di far recuperare alla categoria reputazione e credibilità, sopratutto in quegli ambiti istituzionali e pubblici che nell'ultimo perido erano stati completamente abbandonati.

In un clima sereno Massimo ha tracciato la road map di un impegnativo futuro, ragionando attorno alle parole unità, democrazia, trasparenza, rilevanza. In un clima altrettanto sereno gli sono state poste domande, e sono state ottenute risposte. Anche chi aveva qualche dubbio sulla leggerezza della candidatura, ha cambiato idea. C'è stata qualche scheda bianca, c'è stato qualche imbarazzante tentativo, fuori tempo massimo, di salvare qualcosa del vecchio consiglio. Ma ringraziando dio questi colpi di coda sono stati portati con così poca grazia, e così poca efficacia, che perfino una nascosta candidatura di cui si era vociferato fino all'ultimo momento è stata ripiegata e messa in valigia, senza carrambate dell'ultima ora.

Era evidente che quella che fin dal primo momento era stata portata come critica a Guastini, la sua apparente leggerezza in termini di fama e trofei, alla fine si è dimostrata la sua grande forza. Idee espresse chiaramente, progetti realizzabili solo con la partecipazione di tutti, pacatezza e capacità di assorbire anche le critiche con un atteggiamento pacifico, ma non passivo, che solo chi non ha da difendere interessi nascosti o giochini di bottega si poteva permettere. Queste le caratteristiche non solo di Massimo, ma di tutto il nuovo gruppo di lavoro. Gente che forse non peserà molto per chi aveva una concezione un po' chiusa del club, ma le cui idee hanno avuto gambe buone per arrivare fino alla fine, attraversando un rumoroso silenzio di proposte alternative. Chi per settimane ha cercato di dimostrare che c'era di meglio, anche attraverso ingenui svelamenti di candidature mai realmente esistite, ha ottenuto come unico risultato di dimostrare la forza, e la pesantezza, di un programma presentato per tempo e pensato con cura, e di una squadra costruita andando esattamente in opposizione a quello che il buon senso suggeriva: molte idee, poco pedigree. Alla fine sono scappati tutti: per superare i Guastini Boys serviva una superiorità effettiva, non millantata pesantezza.

Adesso che è finita la fase elettiva, si passa ad un triennio operativo. Come dopo una guerra mondiale, si dovranno prima rimuovere le macerie e subito dopo ricostruire con lena e forza una bella quantità di palazzi, scuole, centri commerciali e musei. Perché questa comunità ha bisogno di recuperare tutto: coesione interna, capacità di rappresentarsi all'esterno, reputazione collettiva (che significherà migliori remunerazioni individuali). L'unica cosa da perdere, la continua ed indulgente tendenza a sputtanarsi a vicenda attraverso la comoda cortina dell'anonimato.

Di sicuro l'esempio viene proprio da quelle nove persone che finita l'assemblea hanno bevuto un bicchiere di bianco fuori dal ristorante di Triennale Bovisa per festeggiare l'elezione. Sorridevano, scherzavano, organizzavano i prossimi passi. Molti consultavano nevroticamente i palmari (con l'eccezione di Ciccio Ferri, che placido prendeva il sole). Qualcuno si faceva prendere in giro da chi era rimasto a condividere l'intimità dell'after show. Qualcun altro si faceva catechizzare da Biffi, che da vero finanziario ricordava scadenze e procedure. Ma a osservarli da fuori, seduti sulle panchine di plasticoso design, si capiva che nessuno di loro aveva la minima consapevolezza di quello che avevano combinato. Erano diventati i rappresentanti della comunità dei migliori creativi d'Italia, pur non avendo quelli che una volta erano considerati i basics. Dietro a quella panchina di plastica, non c'erano tonnellate di premi internazionali, non c'erano interessi multinazionali, non c'erano biglietti da visita con incarichi in inglese lunghi più del nome e cognome.

Ma come ha osservato Barbella, nell'intervento più breve e applaudito, "dieci anni fa avrei detto che per essere presidente serviva la fama, oggi dico che è più importante la capacità di costruire unità." E ha citato i brasiliani che a Cannes, nel 1994, arrivarono con una reputazione peggiore della nostra: requisirono un intero albergo e offrirono cachassa e partite di calcio in tv a tutti. Tornarono a casa con la fama di gente allegra e competente, perchè nel frattempo vinsero un treno di Leoni (ed il mondiale di calcio).

Ne riparleremo fra tre anni, e si tireranno le somme. Ma quello che fin da adesso ci sembra positivo, è che il clima sia proprio quello giusto. C'era tanta allegria, tra quelli che avevano sacrificato un sabato tra votazioni ed approvazioni bilanci. C'era poca litigiosità, tra quelli che si sono compattati attorno ad un candidato "poco pesante". C'era molta semplicità, attorno ad un presidente che ha promesso di provare a farci sentire ancora "la parte più importante del processo produttivo " della nostra industria. Nessuno degli eletti era un predestinato, addirittura massimo nella sua asciutta biografia sul sito del club, che vedete riprodotta sopra, dice ironicamente che per 50 anni è stato "dalla parte del corto". Eppure tutti insieme ce l'hanno fatta. Alla faccia di chi pronosticava il colpo di scena finale, la coltellata alle spalle, magari anonima. Quelle hanno fatto parte di un altro periodo, ormai completamente azzerato nel club. Se sopravviverà in qualche cloaca di sordido anonimato, è problema di altri, non più nostro.

E se posso metterci una nota personale, c'era molto orgoglio. Quello di chi ci ha messo la faccia, quello dei molti altri che hanno sostenuto la squadra e lavorato in silenzio: tutti hanno dimostrato che un altro stile è possibile.

Chiamatela unità d'intenti, se preferite. Io, che sono un romantico ormai di mezz'età, parlo di lealtà ed onestà. Valori che sembravano persi: vedrete, nei prossimi anni torneranno di moda.

p piccola

p.s.:
visto che alla fine l'ego conta, val la pena di ricordare che Manfroni e Ferri possiedono belle pareti cariche di awards. Ma in questa squadra hanno messo energie ed entusiasmi che li hanno portati, anche solo per una mattina, al livello di altri meno ricchi di onusti premi Sono sembrati, almeno a me, più leggeri di quello che sono effettivamente. Ma pure in questa inusuale condizione, hanno fatto la loro consueta figura di creativi di razza.

2 commenti:

non è vero ma ci credo ha detto...

Bel pezzo. Complimenti.

Gianni Lombardi ha detto...

Qui un punto di vista complementare: quello del neopresidente Massimo Guastini:

http://kttbblog.splinder.com/post/24168893/qualcosa-di-piu-di-un-consiglio