lunedì 20 giugno 2011

Space Available In Cannes/1.La crisi è finita. Per gli altri.




Ite, missa est. Questo è il messaggio che arriva da Cannes 2011. Quasi 29 mila lavori iscritti, il record assoluto dopo i crolli dal 2007, quando lo shock finanziario aveva cominciato a mordere. La borsa per i delegati, piccolo segnale debole che gli aficionados della kermesse sanno ben interpretare, quest'anno è di tela bella e sobria, decisamente più affluente dei micragnosi sacchettini degli ultimi 4 anni. Un diluvio di aziende, editori, concessionarie e non solo, che hanno messo risorse economiche corpose per promuovere i propri marchi. I paesi emergenti che ormai sono saltati decisamente dal ruolo di outsiders a quello di locomotive ideologiche: Brasile e Cina in prima fila, per tacer della Turchia. Per darvi lo stato dell'arte, perfino il Vietnam porta 5 shortlist nel concorso affissione, contro una italiana. Un programma di seminari, workshop, feste, presentazioni più o meno riservate, migliorato e prefezionato, già da record d’investimenti. Code e folla fin dalla domenica mattina. Pubblicitari di tutte le lingue, razze ed età che sciamano al Palais de Festival: tanti, tantissimi gli under 25: asiatici di tutte le sfumature, arabi e nord africani, americani del nord ma soprattutto del sud. Tutti sorridenti, curiosi, divorati dall’ambizione di lasciare un segno in questo mestiere. I giovani italiani, astenuti. Con l'eccezione dei 2 della Y&R che hanno appena vinto un argento nella Young Competition Press. Eccezioni, non regole, come sempre da noi.

A maggior ragione assume un forte valore non solo simbolico la decisione dell’organizzazione di definire la manifestazione, giunta alla cinquattottesima edizione, con il pay off “Festival della Creatività”: segno che ormai quello che era il festival internazionale della pubblicità, con gli spot come principale elemento di attrazione, oggi è diventato la summa di tutte le attività di comunicazioine commerciale nel mondo, con 13 categorie che vanno dalle Pr fino al digitale più avanguardista. Una delle industrie più potenti e ricche del mondo, la Creatività nella Comunicazione, esibisce muscoli e fatturato: che nessuno dimentichi che questo tipo di Talento è già stato definito “il Petrolio del Terzo Millennio”.

E mentre la politica discute sulle alternative energetiche al petrolio, qui ci sono migliaia di professionsiti che dimostrano che ormai le nostre alternative, quelli che dieci anni fa venivano impropriamente definiti New Media, ormai trainano le operazioni. Non solo tv, insomma, e questo si era perfettamente colto neglle ultime 5 edizioni. Ma ormai quello che viene meso in evidenza è che non è pensabile per le marche, globali o locali che siano, di entrare in rapporto con i consumatori senza una complessa e articolata capacità di costruire strategie che non siano "media neutra"l. Poi questi pensieri forti saranno declinati, paese per paese, realtà per realtà, attraverso gli strumenti mediatici che meglio permettono di dialogare. Il manifesto che meglio racconta questa realtà lo trovate pubblicato in alto. Un paio di seminar del primo giorno hanno esaminato gli smart phone, ormai pronti a superare come installato globale i telefonini “stupidi” degli ultimi 20 anni. E si scopre che il "web by application" ormai è utilizzato soprattutto in mobilità. Così il mobile social marketing è la nuova frontiera di dialogo. Serve per superare i problemi infrastrutturali dei paesi africani, dove così si gestiscono i conti bancari, ma anche i richiami delle vaccinazioni antipolio. Serve nei paesi occidentali per superare le abitudini e condividere i locali più interessanti (vedi la App Living Social.com) ma anche per partecipare alle attività di cocreazione di aziende come Lego e Nokia, che non hanno perso occasione per ascoltare idee e consigli della propria comunità di clienti, in qualunque parte del mondo essi siano.

Se negli ultimi anni si parlava del potenziale di questi applicativi, oggi le aziende che non li hanno già fatti diventare regola rischiano di perdere non solo valori di marca, ma fatturato tout court. E se prima la paura delle marche era di essere poco digitali, oggi, dopo le rivoluzioni mediterranee (e nostrane), guidate da twitter e facebook, la lentezza di reazione dei Mubarack e delle Moratti rischia di diventare l’incubo di tutti gli operatori economici. Essere vissuti come “poco sociali”, non in dialogo con i tuoi consumatori, significa non solo essere poco attrattivo, ma addirittura perdere vendite, così come i politici hanno perso voti e potere.

Insomma, dicono che per molti paesi la crisi economica sia ormai finita. E se gli italiani (con i greci, gli irlandesi ed i portoghesi) sembrano gli unici a esserci ancora dentro la colpa è solo nostra.

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