giovedì 27 ottobre 2011
Macgregor Hastie ai clienti italiani: la verità è che a voi la creatività non interessa
Il J’accuse ai clienti italiani di Alasdhair Macgregor Hastie, oggi European Creative Director di TBWA G1 e già direttore creativo di Publicis Italia, si inserisce in pieno nel dibattito sulla creatività esploso col Manifesto di Alfredo Accatino. E dove accusa i clienti italiani di non essere interessanti alla cosa più importante della comunicazione, la creatività, a differenza dei loro colleghi d’Oltralpe.
La lettera l’ho ricevuta qualche giorno fa, prima che Alfredo Accatino scatenasse il finimondo con il suo Manifesto’ sulla creatività che sta letteralmente spopolando sulla Rete (a proposito, ‘Cari creativi’ questa settimana è stata la notizia più condivisa dalla rete, un primato che pone Alfredo agli onori della cronaca tanto da essere intervistato da Sky Tg 24).
Torniamo alla lettera dell’amico Alasdhair. Negli ultimi dieci anni è stato direttore creativo di Publicis Italia, dal 2001 fino all'inizio del 2008, poi direttore creativo in Lowe per approdare, infine, a Parigi presso il gruppo TBWA come direttore creativo di TBWA G1, carica e oggi trasformata in European Creative Director. Insomma una carriera internazionale che lo autorizza a parlare con cognizione di causa di creatività e, perché no, del rapporto con i clienti. Ecco la sua lettera che, ritengo, troverà d’accordo molti tra i lettori di ADVexpress. Su Lato B di ADVexpress potrete postare i vostri commenti.
Salvatore Sagone
Cari clienti, j’accuse.
Siamo in un ristorante nel 6° arrondissement di Parigi. Il cameriere si presenta al tavolo e chiede con accento sardo: “Dunque, ragazzi, avete deciso?”.
Intorno al tavolo una decina di membri del club dei Perronisti (con 2 ‘r’, niente a che fare con Evita e suo marito, ma che prende il nome del ristorante Le Perron, storico ritrovo gastronomico isolano a due passi da Boulevard Saint Germain), un gruppetto variopinto di pubblicitari o italiani d’Italia o con esperienza di lavoro in agenzie italiane.
Da direttori creativi, ad account, a planner, giovani creativi under 30 e, nel caso di Andrea Stillaci, veri proprietari d’agenzia. Di questi, l’80% ha lavorato con me in Publicis Italia.
Questo succede a Parigi, e il club dei Perronisti potrebbe sicuramente arrivare a 30 soci, solo che non troveremmo mai un locale capace di accogliere noi ed eventuali consorti. Immagino si possa ripetere a Londra, Amsterdam, New York, Los Angeles.
I nuovi emigrati italiani. Non con valigia di cartone ma con portfolio digitale, laurea in economia e commercio e esperienza pluri-decennale di PowerPoint.
Si parla di calcio, cibo, Berlusconi, vacanze, lavoro. Insomma esattamente le stesse cose di cui si discute a tavolo a Bergamo o a Bari. Ma una domanda gira sempre: “Torneresti a lavorare in Italia?”.
La risposta? “No”.
All’estero ci si guadagna di più, ci si impara di più, lavori con gente più preparata e talentuosa, ci sono ancora produzioni milionarie e, nel nostri caso, si vive a Parigi.
Ma soprattutto, in Italia non ci sono i clienti. Infatti, è tutta colpa dei clienti.
Eppure, in Italia esistono marchi molto interessanti, ma gli interlocutori a sud del Monte Bianco non sono interessanti per chi ama la creatività, nè sono interessati ad averla. In Francia i clienti ci criticano per la scarsa originalità delle idee. In Italia ci criticano (mi hanno criticato personalmente) per troppa creatività.
E non è solo tutta colpa dei clienti: da anni le agenzie italiane hanno fatto pagare il media e hanno regalato la creatività. Togliendo qualsiasi valore all’idea e facendo diventare l’annuncio stampa semplice contenuto. Come se De Padova regalasse i divani per fare strapagare il trasporto. Solo che ora, grazie al web, i clienti si sono fatti furbi e si sono comprati il furgone.
Dunque, qual è il rischio per l’industria pubblicitaria italiana? Che i talenti se ne vadano all’estero dove sono apprezzati. Che i reparti creativi italiani diventino dei tramezzini di solo pane – direttori creativi esecutivi e stagisti, e nulla in mezzo; che i planner riciclino ricerche del '96 e facciano delle supposizioni campate per aria; che gli account passino il 50% del loro tempo a cercare lavoro in banca.
Inoltre, per le agenzie italiane esiste una importante e grave nuova tendenza tra i clienti italiani. Quella di fare le campagne con italiani, ma residenti all’estero come è accaduto al sottoscritto.
E, parliamoci chiaro, si perde l’abitudine all’idea originale. Perché battersi, lavorare di notte e nel weekend, prendere cura dei dettagli, quando basta mettere una gnocca in primo piano per soddisfare il cliente?
Si può tornare indietro, a piccoli passi. Dunque chiedo ai clienti italiani – siate esigenti con i vostri creativi e soprattutto siate esigenti con voi stessi.
Giudicate le campagne presentate come se fossero di altre aziende, e i consumatori foste voi. Non pensate a cosa vorrebbero i vostri capi ma cosa volete voi per il vostro brand. Siate interessati a cosa succede nel mondo della comunicazione (visitate i vari adsoftheworld.com) e non rimanete attaccati agli spot che propina Canale 5. Il mondo è pieno di direttori marketing e CEO che sono diventati ricchi e famosi per la creatività delle loro campagne quando erano brand manager.
Dunque, fatevi e fateci un piacere cari clienti (e fate un piacere a Giuseppe Mastromatteo, grande art e direttore creativo, che in controtendenza è tornato da New York a Milano). Abbandonate il timore di essere originali. Perché i pubblicitari italiani, come Giuseppe, tornerebbero volentieri a casa.
Anche se a Le Perron, non si mangia niente male.
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6 commenti:
Macgregor forever. Un manifesto bomba.
Un direttore creativo italiano
Macgregor Hastie alle AZIENDE italiane: la verità è che a voi la creatività non interessa
Il problema è che per fare quello che viene chiesto ci sono da dire dei "no" dopo troppi "si" detti. E che per dire no dovrete fare in modo che nessuno dica "si" dopo il vostro diniego. Anche a costo dello scontro duro. Fatelo, vi prego.
Il mio commento è....che non vedo commenti a questa mano che ci ha teso Mac dalla Francia. Significa che siamo tutti ormai rassegnati? O forse nessuno ha voglia in un periodo come questo di rischiare? Hanno vinto quelli che usano la parola "creatività" per qualsiasi comunicazione, anche per quelle più noiose, banali e riviste...ma tanto sicure. Io non mi sono mai rassegnato. Anche ora combatto per far bene un'affissione locale. Mah...
Sei troppo accondiscendente per essere un creativo che posta un manifesto. Si vede che è un pò che non lavori in Italia. Ci vuole un bel pò di lucida cattiveria in più per la situazione in cui si sguazza qui. Qui non è più tempo di fioretto, di consigli, di piaggeria, di filosofeggiare di creatività come 4 amici al bar. Ci vuole l'ascia per l'intero sistema della pubblicità in Italia. Le aziende sono piene di teste di paglia, le agenzie di cuori di latta. Il problema è che è troppo tardi. Redrum
@ Mauro e l'ultimo anonimo: questo non è un blog dove si passa e si lasciano i commenti così, buttati lì. Il fatto che le risposte vengano moderate abbassa automaticamente la quantità. Certo permette di evitare i facili insulti ed obbliga a censurare qualche buontempone che vorrebbe usare l'ascia a tutti i costi. Anche perché da questa situazione si esce usando tutte le armi: dal fioretto alle granate, dalle carezze agli schiaffi. Le bombe atomiche, sopratutto se anonime, qui non trovano facile asilo. Se vi guardate intorno, qualche posto dove brandire l'ascia, sopratutto se anonimamente, lo trovate.
Ma temo che nei mesi si sia dimostrato che non si risolvano così i problemi: è necessario il duro e continuo lavoro di tutti i giorni...
pasquale diaferia
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